I terremoti e la Legge 46/90

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foto1I terremoti e la Legge 46/90

di Domenico Trisciuoglio

Le ombre dei morti dell’ultimo sisma sono troppo incombenti per poter parlare d’altro. Tutti, tecnici e non, dobbiamo fare un profondo esame di coscienza su quanto è avvenuto e trarre le dovute conclusioni.

Non è certo compito di un editoriale, peraltro di una rivista impiantistica, affrontare compitamente un argomento di natura titanica. Ma proprio da impiantista, posso sollecitare una riflessione sulla quale sarei felice di ricevere l’opinione dei nostri lettori. Noi  tecnici d’impianti abbiamo, nel nostro settore già vissuto una situazione analoga a quella degli edifici che crollano mietendo vittime.

Erano gli anni ’80 quando, a causa della mancanza di sicurezza elettrica in tutti gli edifici, sia pubblici che privati, i morti per elettrocuzione si contavano in qualche migliaio l’anno, più del triplo di quelli dell’ultimo sisma. La volontà di uscire da questa assurda situazione e di impedire questa carneficina silente portò, dopo dieci anni di studi, convegni, articoli alla emanazione della nota legge 46 del 1990.

Sono occorsi circa vent’anni per attuarla sul territorio nazionale  ma fin da subito il numero di morti crollò drasticamente ed oggi, in primis nelle civili abitazioni, poi, progressivamente, anche nei luoghi di lavoro dove, da statistiche ufficiali negli anni dal 2011 al 2013, la percentuale dei morti per folgorazione è drasticamente scesa al 2-3% del numero degli infortuni mortali. Dunque qualcosa si può fare …

È palese che nel caso dell’edilizia, i rapporti sono smisuratamente maggiori. Fonti attendibili dicono che oggi circa un terzo della popolazione italiana vive in case non adeguate sismicamente.  È lecito pensare che metterle a norma chiederà investimenti di miliardi di euro e probabilmente non meno di 50-60 anni di tempo. È anche probabile che, vista la frequenza di terremoti sul nostro territorio ormai quinquennale o poco più, ci troveremo a dover contare ancora drammaticamente vittime di questi eventi nei prossimi 50-60 anni. Ma almeno si parta … con una programmazione ad ampio respiro  che proceda ininterrottamente e senza ripensamenti nel tempo.

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