Nel settore terziario sovente sono presenti più unità di impianto, non sempre corrispondenti a distinti edifici o a distinte proprietà .Non ho le idee chiare riguardanti l’ubicazione e le circostanze nelle quali questi dispositivi costituiscono un obbligo.
Pensavo che bastasse la decisione del progettista concordata con il committente, ma alcune contestazioni recenti mi hanno fatto cambiare opinione.
Sono forse sopravvenute nuove norme o nuovi criteri di valutazione che mi sfuggono?
Esistono limiti di applicazione per interruttori di uso domestico e similare nel settore terziario?
Pietro Visentin
Verona
Non ci risultano novità recenti riguardanti l’uso o i criteri di installazione dei sezionatori.
Rimangono valide le annose disposizioni prescritte dalla norma CEI 64-8 ai capitoli 132-10, 28-1, 314-1, 314-2, 462, 473.3, 537.
Per quanto riguarda gli ambienti e le applicazioni particolari l’obbligo del sezionamento è prescritto in alcuni casi ai capitoli 701; 702; 703; 704;705; 708; 711; 712; 715; 751; 752.
I casi nei quali è obbligatorio installare un interruttore sezionatore sono molto limitati:
– all’origine di ogni unità di impianto;
– al punto di ingresso di una linea in un luogo con pericolo di esplosione o di incendio (per esempio nella centrale termica);
– al punto di allacciamento di ascensori, scale mobili, montacarichi;
– al punto di allacciamento di pompe antincendio, di gruppi elettrogeni di riserva o emergenza.
Per quanto riguarda l’idoneità degli interruttori CEI 23-85, destinati agli usi domestici e similari, gli unici limiti potrebbero configurarsi nella carenza delle caratteristiche tecniche (tensione nominale superiore a 440 V, corrente nominale superiore a 125 A, corrente di cortocircuito superiore a 25 kA, schemi con complessità superiore a quella degli interruttori unipolari, bipolari, tripolari e tetrapolari, grado di protezione superiore a IPX5).