Lo strano cavo sottomarino del dottor Thomson

Non tutti sanno che Cyrus West Field fu per oltre 10 anni il propulsore di una grande realizzazione tecnica: il cavo telegrafico transatlantico.
CYRUS WEST FIELD propulsore di una grande realizzazione tecnica: il cavo telegrafico transatlantico.

Quando nel 1854 Cyrus Field arrivò a Londra nel suo elegante abito newyorkese, preceduto dalla fama di uomo d’affari dalle ottime referenze economiche, pochi avrebbero pensato che quell’uomo, ancora relativamente giovane, sarebbe stato per oltre 10 anni il propulsore di una grande realizzazione tecnica. Field si era arricchito nel commercio della carta e dei tessuti e, a soli 35 anni, poteva permettersi di vivere di rendita anche se la cosa non gli piacesse molto.

Tra le tante attività attraverso cui cercava di lasciare un segno nella storia, quella che più lo affascinava era certamente la possibilità di collegare, attraverso comunicazioni chiare e istantanee, gli Stati Uniti con la loro casa madre, l’Inghilterra. Tale carenza era, a suo avviso, insostenibile e spesso ripensava alla battaglia di New Orleans che vide protagonisti inglesi e americani, ignari che la guerra fosse finita ben 15 giorni prima!

Come risolvere il problema?
WILLIAM THOMSON, I Barone
Kelvin è conosciuto soprattutto per aver sviluppato la scala Kelvin, che misura la temperatura assoluta.

Studiando il caso aveva riscontrando come il telegrafo Morse, in uso da poco più di 10 anni, riuscisse a trasmettere i messaggi con notevole efficacia sia di chiarezza sia di tempestività. Ma una cosa era trasmetterli attraverso un cavo aereo, lungo qualche decina o centinaia di chilometri, altro era utilizzare un cavo sottomarino lungo migliaia di chilometri posato negli abissi dell’oceano. Ma l’impresa era così stimolante e importante da convincere Field a recarsi a Londra per discutere del suo progetto ed eventualmente realizzarlo. Ovviamente aveva bisogno di uomini capaci, visto che lui era solo un imprenditore, e fu così che individuò il massimo teorico elettrico in Inghilterra – l’irlandese William Thomson I Barone Kelvin – che aveva tra l’altro studiato le problematiche presenti nei pochi e brevi tratti di collegamento sottomarini esistenti all’epoca. D’altro canto, Field, da buon imprenditore non perdeva tempo e aveva già commissionato il cavo da posare nell’oceano con caratteristiche che egli stesso aveva, improvvisamente, ipotizzato.

I cavi sottomarini

Il cavo che aveva ordinato, investendo una cospicua parte del suo denaro, era molto leggero per poter facilitare le operazioni di posa e il trasporto sulle navi; inoltre era costituito da un conduttore di rame interno con un primo isolante gommoso e infine protetto da un’armatura metallica tale da proteggerlo nel corso della posa e successivamente. Nella sua mente infatti l’unico vero problema era quello della posa e della resistenza del cavo ma, ignorante com’era sui fenomeni elettrici, vedeva il cavo come una semplice “tunnel” in cui immettere la corrente elettrica generata dalle batterie che, chissà come e perché, riusciva a trasportare i messaggi a distanze anche molto grandi. E, pensava Field, se il segnale dall’altro capo dell’oceano fosse arrivato troppo debole, avrebbe aumentato le correnti finché il segnale fosse arrivato forte e chiaro. Con questi presupposti però, Thomson non era lo scienziato giusto. I cavi sottomarini all’epoca posati, presentavano infatti seri problemi nel trasmettere i segnali morse anche per distanze piccole, fenomeno che non si riscontrava nei cavi posati in aria; il problema non era stato portato a galla in maniera evidente dalle autorità anche perché nessuno sapeva spiegarlo. Nessuno, tranne William Thomson!

Il genio incompreso

Thomson era un seguace di Faraday e credeva fortemente nel “campo di forza”, prodotto da una batteria, in grado di propagarsi rapidamente lungo un qualsiasi filo conduttore ma anche intorno ad esso, trascinando con sé gli elettroni che così fluivano lungo il filo stesso. Questa felice intuizione era stata ulteriormente indagata da Thomson che aveva compreso il perché del cattivo funzionamento dei pochi cavi sottomarini esistenti. In realtà quando il telegrafista dava il primo impulso al telegrafo, questo campo di forza in tempi rapidissimi iniziava a propagarsi all’interno del cavo ma, a causa del sottile isolamento non trascinava gli elettroni solo lungo il filo ma si “avvolgeva” anche intorno allo stesso, superando l’isolante e creando delle dispersioni facilitate oltretutto dall’armatura metallica protettiva del cavo. Da un lato quindi parte dell’energia si perdeva nell’immensità dell’oceano, dall’altra iniziava a sottrarre elettroni anche all’armatura esterna e a trascinarli in un vortice che disturbava enormemente il segnale emesso. Quando il telegrafista pigiava per la seconda volta il tasto del telegrafo il nuovo campo invece di trovare la strada lungo il filo libera e percorribile andava a sovrapporsi al precedente amplificando il problema. Era questo il motivo per cui i segnali che arrivavano dall’altro capo dei cavi sottomarini all’epoca posati, erano segnali debolissimi, confusi e praticamente indecifrabili. Questo non avveniva nei cavi aerei; prima di tutto perché gli stessi erano dotati di un cospicuo isolamento che ben tratteneva il campo all’interno del conduttore e poi perché essi non necessitavano dell’armatura metallica necessaria per la protezione dei cavi sottomarini.

La sostituzione
EDWARD ORANGE WILDMAN WHITEHOUSE fu inizialmente il capo elettricista del primo cavo sottomarino.

Thomson spiegò ripetutamente a Field questi problemi e perché il cavo che aveva pensato di utilizzare non sarebbe riuscito a trasmettere nulla se non segnali incomprensibili, ammesso che qualcosa fosse arrivato all’altro capo del cavo. Ma Field ormai era partito, aveva già speso una marea di soldi nell’impresa e il cavo era quasi pronto per la posa. Molto più semplice e meno costoso far fuori Thomson che cambiare strategia che perdere tempo e denaro. Fu così che Field, dato il benservito a Thomson e al suo “strano” campo di forza, ingaggiò un altro ingegnere molto più pratico, Edward Orange Wildman Whitehouse. Costui era convinto che le cariche elettriche uscenti dalle batterie una volta incanalate nel cavo, lo percorressero fino in fondo senza alcun contributo di un ipotetico campo di forza. Si dedicò anima e corpo a velocizzare il progetto come voleva Field e coinvolse persino il vecchio e stanco Faraday raccontandogli alcuni “palesi” errori nella teoria di Thomson, al punto che in una conferenza pubblica il vecchio scienziato fece una dichiarazione un po’ ambigua che fu ovviamente strumentalizzata da Whitehouse per convincere l’opinione pubblica che anche il grande Faraday era d’accordo con loro sul cavo di piccola sezione con relativa armatura metallica.

L’esperimento…fallito

Il 10 giugno 1858 due navi, la britannica Agamemnon e la statunitense Niagara, salparono da Plymouth in Inghilterra per posare il sottile cavo voluto da Field e approvato da Whitehouse. Dopo oltre un mese di grandissime difficoltà i due capi del cavo furono tirati in secco a Terranova e a Valentia Bay in Irlanda. Il collegamento tra Inghilterra e Stati Uniti era fisicamente pronto ma ora iniziava la fase più delicata: la trasmissione dei messaggi. Mentre Field veniva salutato come un eroe, Whitehouse prese posto nella stazione trasmittente irlandese pronto a prendersi i suoi meriti. I primi telegrammi passarono in tempi ragionevoli ma dopo un po’ iniziarono i problemi che si manifestarono in pieno con il messaggio di congratulazioni della Regina Vittoria al presidente degli Stati Uniti, Buchanan. Mentre tutti i giornali attendevano ansiosi per esaltare l’impresa, il telegramma di sole 99 parole, partì ma non fu possibile decifrarlo dall’altra parte. Whitehouse fu preso dal panico; aveva fatto installare all’interno della centrale enormi batterie alte più di un metro perché, nei sui convincimenti, c’era il fatto che più forza si imprimeva alle cariche elettriche e più facilmente queste sarebbero arrivate all’altro capo del cavo. Quando diede ai suoi tecnici l’ordine di collegare le potenti batterie al cavo e i telegrafisti ricominciarono a ticchettare freneticamente sul telegrafo, i campi generati a ogni impulso iniziarono a propagarsi e sovrapporsi violentemente all’interno del cavo. Il nucleo di rame e l’armatura esterna si surriscaldarono a causa delle forti correnti e iniziarono a liquefare lo scarso isolante che iniziò a cedere: fu così che le cariche elettriche, invece di percorrere i circa 3.000 km del cavo, preferirono percorrere i pochi centimetri verso l’esterno e defluire nell’acqua dell’oceano. Il cavo diventò sede di infiniti “corto circuiti” – oggi noti a noi tutti – ma all’epoca totalmente sconosciuti. Il cavo divenne inservibile!

I ritorno di Thomson

Whitehouse fu silurato e Field si precipitò da Thomson per riassumerlo e cedergli le redini del comando. Mise a sua disposizione tutti i tecnici della sua società con l’ordine di fare tutto ciò che Thomson avesse ordinato. E Thomson ordinò semplicemente un cavo con un isolamento molto più spesso tale da impedire al campo di forza di scavalcarlo e andare all’esterno. Ma soprattutto ordinò di applicarvi una tensione di batteria molto ma molto moderata.

Nel 1866 il nuovo cavo fu posato e con la teoria di Thomson iniziò a funzionare in maniera soddisfacente collegando stabilmente e per moltissimi anni Inghilterra e Stati Uniti. Thomson ricevette la meritata gloria e Fields ritornò a essere ricco.

La forza motrice
Si narra che anche Faraday ebbe notizia del successo dallo stesso Thomson, il quale dimostrò la teoria del maestro, cioè che quel cosiddetto campo di forza era il vero “motore” che faceva scorrere la corrente e che l’avrebbe, in un futuro imminente, trasportato in ogni casa. Quella che ancora oggi, comunemente chiamiamo “Forza Motrice”.

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