La nascita della pila

Il Volt è l’unità di misura della differenza di potenziale elettrico o “tensione elettrica”, ma non tutti sanno che è l’unica unità di misura dedicata a un italiano. Scopriamo come e perché si arrivò a questo clamoroso risultato.

LA PILA di Alessandro Volta che ricevette l’attribuzione di invenzione nel settembre 1800.(Credito Luigi Chiesa)

Tutti conoscono le principali unità di misura che riguardano l’elettricità. Ampere, Ohm, Volt e Watt: tutte derivanti dal nome di un grande scienziato che ha studiato alcuni fenomeni scoprendone l’intima essenza e consegnandola all’umanità. Ebbene, se qualcuno si concentrasse sull’origine di queste e di altre unità di misura del Sistema Internazionale, scoprirebbe che una sola è dedicata a un italiano e precisamente il Volt, in onore di Alessandro Volta, il grande scienziato comasco al quale viene attribuita, senza alcun dubbio, l’invenzione della pila. Ma, viste le diatribe dell’epoca sull’attribuzione delle invenzioni e dei nomi alle unità di misura, come riuscì Volta a ottenere l’attribuzione?

Le scoperte principali

IL’elettricità è una scoperta piuttosto recente infatti fino al 1700 i fenomeni elettrici venivano guardati come qualcosa di inspiegabile per le conoscenze del tempo. Ma il ‘700 e l’800 furono due secoli in cui il fervore di ricercatori e scienziati diede i suoi massimi frutti. Ciò avvenne quasi di pari passo, in luoghi lontani tra loro e da parte di soggetti di cultura ed estrazione sociale profondamente diversi. Non era insolito che due scienziati, in due punti lontanissimi del mondo e senza alcun contatto, approfondissero la conoscenza di un fenomeno fisico giungendo alle stesse conclusioni e “inventando” macchinari e oggetti pressoché simili. Un esempio è la lampadina, attribuita universalmente a Edison (brevetto del 1879) seppur si sapesse benissimo che, prima di lui, almeno due grandi inventori avevano fatto qualcosa di simile: Joseph Wilson Swan in Inghilterra (brevetto del 1880) e il nostro, italianissimo Alessandro Cruto, la cui lampadina aveva un filamento che durava 500 ore rispetto alle 40 delle prime lampade di Edison, ma che riuscì a brevettarla solo nel 1882. Lo stesso capitò per l’invenzione del telefono, a lungo contesa tra Bell e Meucci. E analogamente per Alessandro Volta e la sua pila!

LE BOTTIGLIE di Leida inventate da Peter von Mosschenbroeck sono considerate il primo condensatore elettrico.(Credito Federico Leva)
La storia della pila
Alessandro Volta, scienziato e accademico, a 55 anni scoprì come “imprigionare i fulmini” inventando la pila.

Mentre Alessandro Volta veniva alla luce nel 1745 a Como, tale Jurgen Georg von Kleist, in Pomerania e Peter von Mosschenbroeck a Leida, cittadina dell’Olanda meridionale, quasi contemporaneamente realizzavano un prototipo di condensatore di elettricità che Peter denominò “bottiglia di Leida” in onore della città e dell’Università dove era professore.

La bottiglia di Leida era abitualmente utilizzata nella seconda metà del 1700 per esperimenti sull’elettricità e anche Galvani, nella sua teoria dell’elettricità animale, assimilò la sua rana a una bottiglia di Leida.  Volta seguiva con attenzione queste ricerche, in particolare quelle di Galvani, sulle cui teorie era fondamentalmente scettico; proprio i progressi di Galvani, furono per lui lo sprone ad accelerare le ricerche sull’elettricità che stava compiendo senza grande premura. Solo a 55 anni infatti egli giunse all’invenzione della “pila” definita dai contemporanei come “il più meraviglioso strumento inventato dall’umanità”.

La “paternità” di Volta

Potrà forse sembrare una esagerazione ma, se riconosciamo all’elettricità e alla possibilità di poterla dominare un’importanza decisiva per il progresso umano, non possiamo che condividere tale definizione. I fenomeni elettrici osservati fin dall’antichità nel loro aspetto più primordiale, il fulmine, erano ormai in fase di comprensione ma fu Alessandro Volta a consentire di “imprigionare il fulmine” nella sua pila e rendere quindi l’elettricità utilizzabile per i suoi infiniti usi.

Ma perché Volta riuscì a ottenere, non solo, la paternità assoluta e incontestabile dell’invenzione ma anche l’attribuzione dell’unità di misura della tensione?

In realtà Alessandro non era solo un grande scienziato ma anche un ottimo “politico”. In quegli anni, le due più prestigiose istituzioni scientifiche dell’epoca in Europa erano la Royal Society a Londra e la Royal Societé di Parigi e, soprattutto con Londra, egli intratteneva fitte corrispondenze tecnico-scientifiche.

Come si può notare nella figura 1 già nel 1777 Volta inviava resoconti dei suoi esperimenti elettrici a tale Tiberius Cavallo, membro della Royal Society di Londra e suo amico; il quale, esaminati i contenuti, le diffondeva ampiamente.

FIGURA 1. Esperimenti sulle piastre di Alessandro Volta, comunemente chiamate macchine per dimostrazione dell’elettricità perpetua.

E qui la storia della pila si intreccia strettamente con le vicende storiche dell’epoca. Proprio a cavallo del 1800 infatti, infuria la guerra tra Napoleone e gli austro-russi. Nel maggio 1796 i francesi conquistano Como e Alessandro, allora professore dell’università di Pavia, rende omaggio a Napoleone su invito della municipalità. Ma la guerra prosegue con alterne vicende; gli austriaci, rientrati in Lombardia nell’aprile 1799, sopprimono l’Università di Pavia, dismettendo o addirittura incarcerando i suoi professori. Alessandro ritorna a Como, dove, sul finire del 1799, nella sua casa di Lazzate, compie gli ultimi passi per la propria invenzione. Nasce la pila!

L’annuncio della scoperta

Con una lettera alla Royal Society di Londra, datata 20 marzo 1800, Alessandro annuncia alla comunità scientifica internazionale la sua invenzione, scrivendo il suo articolo in francese molto “politically correct” e lungimirante. Tre mesi dopo infatti Napoleone, grande estimatore del comasco, dopo la vittoria a Marengo (14 giugno 1800), riapre l’università di Pavia, reintegra Volta come Professore di Fisica Sperimentale e lo nomina direttore del Gabinetto di Fisica.

Ma che fine ha fatto l’articolo inviato alla Royal Society sull’invenzione della pila? All’epoca, in considerazione dell’enorme prestigio della Royal Society, la pubblicazione di una ricerca, peraltro così sconvolgente, richiedeva infiniti esami, verifiche che potevano durare anche anni. Ma la lettera, indirizzata al Presidente della Royal Society Mr. Joseph Banks finisce in realtà nelle mani di Mr. Tiberio Cavallo, lo stesso scienziato membro della Royal Society con cui Alessandro aveva un consolidato rapporto scientifico e di amicizia. E Tiberio Cavallo, brucia le tappe. L’articolo di Volta viene pubblicato dopo soli 5 mesi, nel settembre 1800, sulle “Philosophical Transaction” con il titolo “On the Electricity excited by the mere Contact of conducting Substances of different Kinds”. È la consacrazione del genio di Volta e, in pratica, l’elemento decisivo nell’assegnare al comasco la paternità della pila, senza “se” e senza “ma”!

Epilogo

Quando a Parigi si incontrarono i rappresentanti dei paesi tecnologicamente più avanzati, tra cui primeggiavano (e rivaleggiavano) i francesi e gli inglesi, per decidere e definire le principali unità di misura, arrivati alla voce “tensione elettrica”, non ci fu discussione. Il genio comasco e lo scienziato napoletano erano riusciti a mettere d’accordo francesi e inglesi sull’unità di misura: naturalmente, il Volt!

L'amico Tiberio Cavallo
FIGURA 2. Il trattato di elettricità di Tiberio Cavallo, pubblicato a Firenze nel 1779.

Tiberio Cavallo, scienziato dal nome non proprio inglese, era napoletano, figlio di una famiglia nobile che aveva deciso di inviarlo a Londra per fargli fare esperienze più ampie nel settore del commercio. Ma Tiberio, mente illuminata e geniale, aveva immediatamente applicato tutte le sue capacità allo studio dei fenomeni fisici al punto da diventare uno dei più importanti scienziati dell’epoca e diventare in breve membro della Royal Society. Innumerevoli i suoi studi sul volo aerostatico, sull’elettricità (ved. figura 2), sulla chimica e sulla idrostatica. È considerato il vero inventore dell’elettroscopio. 

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