Il dramma delle morti bianche è una tragica storia che nel nostro Paese si ripete ogni giorno, in una catena di incidenti che non conosce confini; da Nord a Sud le vittime del lavoro continuano a riempire le pagine di cronaca. L’ultimo gravissimo incidente ieri ad Adria in provincia di Rovigo, dove in una fabbrica che si occupa dello smaltimento di rifiuti speciali, sono morti quattro lavoratori a causa di una nube tossica durante la pulizia di una cisterna.
Una sciagura enorme che, purtroppo però, come ogni incidente mortale sul lavoro, in primo piano oggi su tutti i quotidiani, è destinato a smarrirsi nella memoria dei lettori, dei cittadini e – crediamo – nella memoria della politica. Anche quando le statistiche ufficiali rilevano 100 morti sul lavoro in un solo mese. Tanti sono stati, infatti, gli infortuni mortali registrati in luglio dall’Inail, esclusi quelli in itinere.
Negli ultimi anni abbiamo apprezzato i frequenti interventi del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nei quali ha manifestato la propria sensibilità per la diffusione della sicurezza nei luoghi di lavoro. Spiace, dunque, che pur a fronte di un appello tanto importante non si siano riscontrate delle risposte concrete ed operative da parte dei Governi che si sono succeduti nel nostro Paese negli ultimi anni. Una ‘latitanza’ trasversale dal centrodestra al centrosinistra. Ecco perché chiediamo che la Commissione Parlamentare sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, possa dare un segnale concreto ed immediato all’emergenza delle morti bianche; perché è una piaga sociale che necessita di provvedimenti urgenti, soprattutto in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo, in cui molte aziende, specie le piccole e micro imprese, investono a fatica nella sicurezza dei lavoratori.
Per questo insistiamo a proporre una soluzione innanzitutto: la detassazione degli utili investiti dalle aziende in attività di sicurezza per i lavoratori, come dovrebbe fare ogni Paese civile in cui si muore troppo per lavoro.
Tali agevolazioni fiscali costituirebbero sì un costo per lo Stato, ma si tratterebbe comunque di un investimento minore rispetto ai costi socio-economici che la collettività sostiene a causa delle troppe morti bianche.
In Italia si stima che il costo annuale della mancata prevenzione sia pari al 3 per cento del Pil nazionale, ovvero circa 44 miliardi di Euro. Ad esclusione dei costi “umani” che conseguono a disabilità e decessi, e che sono inevitabilmente incalcolabili sia per le famiglie colpite che per la società.
A pesare, poi, sul fenomeno degli infortuni sui luoghi di lavoro, siamo convinti ci sia talora anche l’inadeguatezza e addirittura l’assenza dei controlli degli organi di vigilanza. Così come le leggi relative alla sicurezza sul lavoro che – sebbene nel nostro Paese compongano una disciplina ben strutturata e completa – vengono scarsamente applicate.
E’ il caso del D.Lgs. 231/01 in cui a seguito di un infortunio di un lavoratore si prevede che l’azienda come organizzazione venga ritenuta co-responsabile del reato commesso da una o più persone fisiche nell’interesse e vantaggio dell’ente stesso e, conseguentemente, pesantemente sanzionata.
E’ indispensabile, dunque, che tutti gli operatori della sicurezza dimostrino maggior impegno nel combattere il fenomeno infortunistico nel lavoro. Da parte nostra, con l’Osservatorio, senza alcun aiuto o contributo pubblico, stiamo continuando ad investire socialmente da quasi cinque anni in un lavoro di diffusione e studio dei dati finalizzato a sensibilizzare la collettività e dare strumenti operativi a chi si occupa di sicurezza. A tal fine tutti i nostri dati sono disponibili gratuitamente sul sitowww.vegaengineering.com. (FOTO MORENO SOPPELSA).