Trasformatori elettrici, cosa dice la normativa tecnica

Quando si parla di trasformatori elettrici, è essenziale conoscerne la normativa di riferimento e saper gestire perdite di potenza, soprattutto se lo scopo è ottenere risparmio energetico.

In materia di progettazione e costruzione dei trasfor­matori a basse perdite, oltre vent’anni fa, la normativa tecnica nazionale aveva volto lo sguardo verso il risparmio ener­getico e successivamente anche verso l’impiego di materiali di minor impatto ambientale.

Hanno infatti fatto seguito, in tal senso, la convergenza tecnica in sede CENELC, il recepimento incentivante dei criteri di effi­cientamento da parte delle au­torità regolatorie del mercato elettrico dell’energia (ARERA) e le decisioni comunitarie con l’emissione di specifiche Diret­tive e regolamenti attuativi per disciplinarne la commercializ­zazione; provvedimenti sempre più attuali alla luce del crescen­te costo dell’energia.

Le perdite dei trasformatori

In un generico componente d’impianto, le perdite di potenza attiva sono date dalla differenza fra la potenza in entrata e quella in uscita. Le perdite di potenza provocano un sovradimensionamento degli stadi a monte mentre quelle di energia incrementano il consu­mo delle fonti primarie.

A livello dello stadio di trasfor­mazione MT/BT, si considerano le perdite nel rame e addizionali (meglio dette perdite a carico – PK) dipendenti dal quadrato del­la corrente di carico e le perdite nel ferro (o perdite a vuoto – Po) proporzionali al quadrato della tensione.

Nella figura sottostante è rappresentato il circuito equivalente semplifica­to del trasformatore inteso come quadripolo, dove ¯Zt e ¯Yo sono l’im­pedenza e l’ammettenza equiva­lenti che si possono ricavare dal­le prove di collaudo, i cui risultati si esprimono preferibilmente con numeri percentuali al fine di ren­derli indipendenti da un determi­nato avvolgimento.

Le perdite Pk e Po, in W, sono espresse generalmente in per­centuale della potenza nominale. Le prime sono perdite per effet­to joule, dovute principalmente alla resistenza degli avvolgimen­ti primari e secondari, mentre le seconde derivano dalla compo­nente in fase, con la tensione ¯V1, della corrente a vuoto. Esse dipendono dal tipo di mate­riale e dalla tipologia dei lamie­rini (più o meno a basse perdite) che costituiscono il nucleo ma­gnetico.

La riduzione delle perdite è con­seguita agendo sulla geometria del nucleo e in particolare:

  • sul materiale (rame, alluminio, ecc.) e sulla forma dei condut­tori (filo, lamina, piattina, ecc.);
  • sulla qualità del materiale ma­gnetico di tipo tradizionale (la­mierato d’acciaio al silicio a grani orientati di diverso pre­gio e permeabilità magnetica). È diffuso il ricorso alla costru­zione di trasformatori con nu­cleo magnetico in materiale a­morfo.

Si può quindi dire che la riduzio­ne delle perdite è inversamente proporzionale alla massa com­plessiva del trasformatore.

L’energia perduta relativa alle perdite a vuoto è indipendente, almeno per i trasformatori in­stallati negli impianti della distri­buzione, dal funzionamento, nel senso che lì si considera perma­nentemente inseriti e quindi con 8.760 ore annue di utilizzazione. Diversamente per la determina­zione dell’energia perduta per ef­fetto joule, occorre considerare il diagramma di carico della poten­za erogata.

Incidenza percentuale

Il problema delle perdite riguar­da sia l’utente utilizzatore, in par­ticolare quello industriale, che il gestore di rete. Per convenzione, le perdite so­no quantificate percentualmente sull’energia consumata dal clien­te. Tale percentuale è definita da ARERA all’art. 76 del TIS e at­tualmente è pari al 10,4% per le utenze in bassa tensione e al 3,8% per quelle in media tensio­ne.

L’incidenza percentuale delle perdite di rete è aggiornata con cadenza triennale da ARERA. La stessa offre, a supporto del­la qualità del servizio e in ottica ambientale, degli incentivi per tutte le imprese distributrici che attuano delle strategie volte a contenere le perdite di rete. Infatti, ogni 3 anni, la stessa au­torità fissa i nuovi obiettivi che devono essere raggiunti per ren­dere più efficienti le reti e dimi­nuire le perdite.

Sono infatti riconosciute maggio­razioni della remunerazione sul capitale investito del 2% all’an­no per 8 anni negli investimenti di installazione di nuovi trasfor­matori MT/BT e la sostituzione di quelli esistenti se di classe con perdite a carico ridotte Ak e al­meno di classe Bo per le perdite a vuoto, secondo la classificazione della norma CEI EN 50464-1.

L’evoluzione del quadro normativo

Nel nostro Paese, una prima u­nificazione dei trasformatori, che prevedeva una doppia serie di macchine, è stata emessa con una tabella CEI-UNEL sul finire degli anni Ottanta. È seguita poi la Norma CEI 14-13 (1998-04; fa sc. 4150R), rimasta in vigore fino al 2011, con cui sono stati normati i trasformatori a basse perdite e conseguentemente le prime va­lutazione dei punti di convenien­za economica nel loro impiego.

Con la Norma CEI EN 50464-1:2007-08 (CEI 14-34) “Trasfor­matori trifase per distribuzione immersi in olio a 50 Hz, da 50 kVA a 2500 kVA con tensione massi­ma per il componente non supe­riore a 36 kV. Parte 1: Prescrizio­ni generali” si costituisce l’unifi­cazione, in ambito CENELEC, dei trasformatori MT/BT in olio ed i principali accessori, che standar­dizza macchine efficienti a bassi valori di perdite.

Per i trasformatori in olio veni­vano introdotte quattro classi di perdite dovute al carico Pk in W a 75 °C per Um ≤ 24 kV e le cinque classi di perdite a vuoto Po, sem­pre in W. Le classi Dk, Ck e Bk presentavano valori più elevati rispetto a quelli previsti dai trasformatori a perdi­te ridotte rispondenti alla norma CEI 14-34, mentre con la classe Ak si conseguivano risparmi fino al 14% per i trasformatori di poten­za fino a 630 kVA.

Per trasformatori di maggiore potenza (1000 kVA) il risparmio arrivava fino a circa il 16%. Si ri­levava anche coincidenza fra la classe di perdita Ck e i corrispon­denti valori previsti per i trasfor­matori a perdite normali. Molto più significative erano i guadagni nelle perdite di poten­za a vuoto che arrivavano fino al 42% per la classe Ao e 31% per la classe Bo.

Normativa green

In sostituzione delle Norme CEI 14-12:1998-04 e CEI 14-18:1997-12, rimaste applicabili fino al 02/01/2014, era prodotta pure la normativa green dei trasfor­matori in resina (a secco), CEI EN 50541-1 (CEI 14-52).

Nel frattempo, era emanata la Direttiva 2009/125/CE del Par­lamento e del Consiglio Euro­peo, relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti con­nessi all’energia, da cui il Regola­mento UE n. 548/2014.

Quest’ultimo, provvedimento prevedendo nuovi valori di per­dite, ha reso necessario un ade­guamento tecnico normativo che è avvenuto con la pubblicazio­ne della norma CEI EN 50588-1 “Trasformatori medi a 50 Hz, con tensione massima per il compo­nente non superiore a 36 kV, di potenza da 25 kVA a 40 MVA con due avvolgimenti ed una tensio­ne massima per il componen­te di 36 kV” che riguarda sia i trasformatori a secco sia quelli in olio.

Le Norme CEI EN 50464-1:2007 e CEI EN 50541-1:2011 sono rima­ste applicabili fino al 25/06/2018.

Il Regolamento UE n. 548/2014

Si applica ai trasformatori elettrici con una potenza mini­ma di 1 kVA utilizzati nelle reti di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica e nell’uten­za industriale, di cui sono stabi­lite:

  • le perdite massime a carico e a vuoto che devono essere ri­spettate dalle varie taglie e ti­pologie (tabella), con relativo obbligo d’informazione;
  • l’indice di efficienza di picco (PEI Peak-Efficiency-Index) per i trasformatori medi di potenza > 3.150 kVA e grandi;
  • l’obbligo della marcatura CE in quanto prodotti connessi con l’energia.

I trasformatori sono suddivisi in:

  • piccoli (con tensione massima d’uscita uguale o inferiore a 1,1 kV);
  • medi (con tensione massima superiore a 1,1 kV e ugual in­feriore a 36 kV con potenza compresa fra 5 kVA e 40 MVA (≥ 5 kVA e < 40 MVA);
  • grandi (per tensioni massima superiore a 36 kV, di potenza pari o superiore a 5 kVA oppure di qualsiasi tensione massima e potenza superiore a 40 MVA).

In particolare, ci soffermiamo sui trasformatori medi con un avvolgimento a tensione mas­sima Um ≤ 24 kV e l’altro con Um ≤ 3,6 kV.

Sono esclusi dal campo d’appli­cazione i trasformatori per im­pieghi particolari (es: per for­ni, specifici per saldatrici; per formazione di neutro, per appli­cazioni ferroviarie ecc.).

Le perdite massime da rispettare fanno riferimento alla data di immissione sul mercato, con due tempistiche differenti:

  • fase 1: dal 01/07/2015;
  • fase 2: dal 01/07/2021.

Nella prima fase tutti i trasfor­matori immessi sul mercato do­vevano avere perdite a vuoto al­meno di classe Ao e perdite a ca­rico almeno di classe Ck, se isola­ti in olio di potenza ≤ 1000 kVA e Bk se di potenza > 1000 kVA; per quelli a secco le perdite massime non dovevano superare la classe Bk se di potenza ≤ 630 kVA e Ak se di potenza > di 630 kVA.

A partire invece dal 01/07/2021 per tutti i trasformatori deve es­sere:

  • perdite a vuoto inferiori del 10% rispetto alla classe Ao, ossia di classe AAo;
  • perdite a carico solamente di classe AK.

Naturalmente gli obblighi di cui sopra riguardano il fabbrican­te che a far data dal 01/07/2015 non poteva e non può oggi pro­durre macchine che non rispet­tano i requisiti minimi del Re­golamento e non il cliente uti­lizzatore che può mantenerle in esercizio, installarle o anche ri­venderle. Il fabbricante che si ritrova con delle giacenze ante Regolamen­to può solo commercializzarle fuori dall’area della CEE.

È evidente l’obiettivo – atteso che il mercato delle riparazioni è destinato fisiologicamente ad esaurirsi – abbassare sempre più nel tempo il livello medio delle perdite del parco trasformatori esistenti in servizio.

L’APPROCCIO DELLA VALUTAZIONE ECONOMICA
Il Regolamento conferma che l’approccio della capitalizzazione delle perdite è il più corretto ai fini della scelta della classe di perdita se si vuole procedere alla sostituzione di un trasformatore tenendo presente che più è pregiata la classe di perdita maggiore è il costo del trasformatore, secondo la nota espressione: CC = CT + A ∙ Po + B ∙ Pk dove s’intende con:

  • Cc: costo attualizzato, ovvero il valore minimo ottenuto con l’espressione di cui sopra applicata alle varie ipotesi di utilizzo del trasformatore in funzione delle classi di perdita;
  • CT: costo d’acquisto del trasformatore;
  • A ∙ P0 e B ·Pk sono il costo attualizzato delle perdite a vuoto e delle perdite a carico.

Il calcolo è complesso, nel senso che richiede anzitutto la conoscenza della durata del piano orizzonte da considerare per il ritorno dell’investimento in funzione della stima del tasso di crescita del carico partendo dal quadrato del coefficiente di utilizzo iniziale della potenza di targa scelta, del valore scelto per il tasso d’attualizzazione (anche tenendo conto degli incentivi dell’ARERA) e del costo economico unitario dell’energia (da assumere in linea con il prezzo di cessione applicato dall’Acquirente Unico e utilizzato da RSE per le sue analisi) e delle ore di utilizzazione delle perdite alla punta.

Le perdite a vuoto sono costanti mentre quelle del rame crescono con il quadrato del tasso di crescita del carico assunto a riferimento. In via più conservativa, a favore dell’incidenza delle perdite nel rame che hanno un peso maggiore, si può considerare costante il carico del trasformatore per tutta la durata dell’anno e le perdite a carico varianti con il quadrato del grado di carico medio del trasformatore per l’intero piano orizzonte (corrente di carico iniziale rapportata alla corrente di carico nominale).

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