I comandi di sgancio nelle strutture sanitarie: quando, dove e perché

All’interno di una struttura sanitaria, quanti comandi di emergenza sono richiesti e per quali circuiti? Dove e in che modo devono essere installati?

Il comando di sgancio dell’alimentazione elettrica è quel dispositivo che, in caso di emergenza, consente di evitare il rischio di elettrocuzione agli operatori che intervengono per risolvere l’emergenza stessa.

Ma chi sono gli operatori autorizzati?

Nella maggior parte dei casi sono i Vigili del Fuoco, ma potrebbero essere anche gli addetti di una squadra di emergenza interna all’azienda.

È sufficiente un solo comando che interrompa tutta l’alimentazione elettrica? Dipende: i luoghi di lavoro, a seconda della loro natura e della loro dimensione, hanno una rete elettrica più o meno complessa, che può comportare la presenza – oltre alla sorgente primaria, ovvero la rete elettrica nazionale – anche di una o più sorgenti secondarie o di rincalzo, quali gruppi elettrogeni o gruppi di continuità, in grado di rialimentare in pochi secondi eventuali circuiti de-energizzati. Inoltre, può esserci anche una stazione di pressurizzazione del sistema antincendio, le cui pompe devono rimanere alimentate.

Insomma, la casistica è complessa. Ciò che però è indipendente da qualsiasi altro parametro è che i comandi di sgancio debbano essere periodicamente testati. Nella mia carriera mi è capitato di dover verificare il funzionamento del pulsante di sgancio di una struttura sanitaria, ovviamente dopo aver messo in atto tutte le misure per garantire la sicurezza dei degenti durante il disservizio causato, risultato: nulla. A fronte della manovra di emergenza la cella di ricevimento non si era aperta a causa di una doppia anomalia sui contatti del pulsante di emergenza e sul fusibile di protezione del circuito di sgancio. E se non fosse stata solo un’esercitazione?

La Norma di partenza

CARTELLO “PULSANTE DI SGANCIO”

Si parte come al solito dalla Norma CEI 64-8 “Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000V in corrente alternata ed a 1500V in corrente continua” Parte 4 – Prescrizioni per la sicurezza, dove vi sono vari punti che spiegano cosa deve essere realizzato, e in particolare:

  1. 464.1: devono essere previsti dispositivi per il comando di emergenza in qualsiasi parte di un impianto in cui può essere necessario agire sull’alimentazione per alimentare pericoli imprevisti.
  2. 464.2: quando esista il rischio di folgorazione, il dispositivo per il comando di emergenza deve interrompere tutti i conduttori attivi.
  3. 464.4: la sistemazione del comando di emergenza deve essere tale che il suo funzionamento non provochi altri pericoli, né interferisca nell’operazione completa necessaria ad eliminare il pericolo.

Anche la Parte 5 “Scelta ed installazione dei componenti elettrici” della Norma torna sull’argomento, con le seguenti prescrizioni:

  1. 537.4.1: i dispositivi di comando di emergenza devono essere in grado di interrompere la corrente a pieno carico della parte corrispondente dell’impianto […].
  2. 537.4.2: il comando di emergenza può essere realizzato con un dispositivo di comando in grado di interrompere direttamente l’alimentazione (es. sezionatore di manovra, n.d.r.) oppure una combinazione di apparecchiature manovrabili con un’unica azione per interrompere l’alimentazione (es. un circuito costituito da pulsante e bobina di sgancio a lancio di corrente, il tutto protetto da fusibile, n.d.r.).
  3. 537.4.5: gli organi di comando dei dispositivi di emergenza devono essere identificati chiaramente, di preferenza con colore rosso su fondo di contrasto (e magari anche con cartello indicatore ben visibile, n.d.r.).
    Comando di sgancio

Si prescrive altre sì all’Art. 537.4.6 che «dopo l’abbandono, dell’organo di comando di un dispositivo di comando di emergenza, la rialimentazione della parte corrispondente dell’impianto deve richiedere un’azione volontaria». Quest’ultima è una disposizione tipica nei sistemi di emergenza: a fronte di un pericolo incombente è necessario evitare in tutti i modi che il sistema che ho interrotto si ripristini da solo; il riarmo deve essere solo manuale da parte di un addetto che ha coscienza di quello che sta facendo.

In conclusione, la Norma spiega in cosa consista un comando di emergenza ma ne non impone l’obbligo, a meno di specifici casi come gli impianti elettrici nei luoghi di pubblico spettacolo e di intrattenimento. Per i quali l’Art. 752.46.3 stabilisce che «deve essere previsto un comando di emergenza atto a porre fuori servizio l’intero impianto elettrico con l’eccezione dei servizi di sicurezza, posto in ambiente facilmente raggiungibile dall’esterno in caso di emergenza».

A parte la specificità dell’applicazione, l’articolo stabilisce due capisaldi che devono sempre essere tenuti in considerazione in fase di progettazione e di esecuzione degli sganci di emergenza:

  1. il comando di emergenza deve essere in luogo sicuro, raggiungibile in modo non pericoloso, ed esterno al luogo in cui devo intervenire;
  2. il comando deve mettere fuori servizio tutto fuorché i servizi di sicurezza. Questo non vuol dire che questi ultimi non possano essere interrotti, bensì che saranno dotati di pulsante di sgancio dedicato.
Cosa richiedono i Vigili del Fuoco per la prevenzione incendi?

Alle mancate imposizioni della Norma sopperiscono le indicazioni dei Vigili del Fuoco che, all’interno del D.M. del 03 agosto 2015 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi” – più propriamente conosciuto con il nome di Codice di Prevenzione Incendi – prevedono quanto segue:

  • S.10.6.1: gli impianti per la produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione ed utilizzazione dell’energia elettrica devono possedere caratteristiche strutturali, tensione di alimentazione e possibilità di intervento, individuate nel piano di emergenza, tali da non costituire pericolo durante le operazioni di estinzione dell’incendio. A tal fine, deve essere previsto, in zona segnalata e di facile accesso, un sezionamento di emergenza dell’impianto elettrico dell’attività.

Naturalmente il Codice di Prevenzione Incendi si applica solo alle attività espressamente riportate all’interno del DPR 151/11, un elenco di 80 casistiche – sempre in evoluzione – che spaziano dai depositi di gas alle scuole, dai teatri alle aziende con oltre 300 persone presenti.

Vale però la pena farsi un paio di domande: La realizzazione di un comando di emergenza è talmente dispendiosa in termini di installazione e di manutenzione da dover essere previsto solo ed esclusivamente quando ne decorre l’obbligo? Oppure è un sistema di sicurezza che vale sempre la pena installare, nei luoghi di lavoro anche se non soggetti al DPR 151/11?

Un esempio pratico

Scegliere se inserire o meno comandi di emergenza all’interno di un impianto può sembrare semplice ma non banale perché a volte si potrebbe incappare in pericolose trappole. Per esempio, si consideri uno stabile alimentato in media tensione, in cui è anche presente una sorgente secondaria costituita da un gruppo elettrogeno dotato di proprio quadro di comando, che garantisce la commutazione automatica in caso di interruzione della fornitura del Distributore. Il gruppo elettrogeno, tuttavia, è in grado di prendere il carico in un tempo non inferiore a 15-30 s; pertanto, a servizio di alcuni circuiti, è inserito anche un Ups trifase centralizzato che consente di tamponare il buco di tensione prima dell’avviamento del gruppo medesimo. All’interno dello stabile vi sono poi sistemi di sicurezza, quali un impianto di rivelazione fumi certificato UNI 9795, un impianto di messaggistica di emergenza a Norma CEI EN 60849 e infine, per complicare ulteriormente lo scenario, direttamente sulle sbarre di uscita del quadro di commutazione, è derivata anche la linea di alimentazione della pompa antincendio; di contro, non sono installate motopompe.

I problemi da affrontare sono i seguenti:

  1. Quanti comandi di emergenza sono richiesti e per quali circuiti?
  2. Dove in che modo devono essere installati i comandi di emergenza?

Primo quesito

In caso di incendio all’interno dello stabile, gli addetti alla sicurezza e/o i Vigili del Fuoco possano entrare senza pericolo di folgorazione. È necessario, quindi, interrompere tutte le sorgenti di alimentazione che possano causare elettrocuzione, ovvero:

  • alimentazione primaria da rete;
  • alimentazione secondaria da gruppo elettrogeno;
  • alimentazione secondaria da Ups.

Un primo comando di emergenza, pertanto, dovrà agire sulla bobina di sgancio collegata all’interruttore di protezione installato sulla cella di ricevimento; operando su tale comando, si interromperà l’alimentazione e si attiveranno, in sequenza, l’Ups e il gruppo elettrogeno. Un secondo comando, dovrà sganciare il circuito secondario dell’Ups e un terzo comando sganciare il circuito secondario del gruppo elettrogeno.

Attenzione! Non disattivare il gruppo elettrogeno inserendo il comando di emergenza sulla catena delle sicurezze del quadro di commutazione, anche con la stazione di pressurizzazione sarebbe disalimentata: ciò non è accettabile, in quanto la pompa antincendio costituisce un servizio di emergenza di cui si può fare a meno in caso di incendio (per di più, in assenza di motopompa). Quindi, il pulsante di sgancio del gruppo dovrà agire a valle della derivazione della linea all’elettropompa.

Infine, un quarto comando di emergenza dovrà sganciare la pompa antincendio (in caso di intervento proprio nella stazione di pressurizzazione).

I sistemi FIRE ed EVAC presenti nello stabile non rappresentano un problema, in quanto funzionanti a tensione non pericolosa normalmente pari a 24 Vdc e sostenuti da proprio alimentatore di sicurezza.

Secondo quesito

I Vigili del Fuoco non vogliono cimentarsi alla “caccia al tesoro” quando intervengo quindi i comandi di sgancio devono, pertanto, essere tutti posti vicino tra di loro, in posizione accessibile e ben segnalata, conformemente al piano di emergenza elaborato.

Quindi, nel caso in oggetto, i quattro pulsanti avranno dei cartellini plastici indelebili e facilmente leggibili (es. scritte nere su fondo bianco di altezza adeguata) con indicanti:

  • Sgancio 15 kV.
  • Sgancio Ups.
  • Sgancio GE.
  • Sgancio elettropompa.

Una volta fatto questo, le insidie sono state evitate. Rimane solo un ultimo pericoloso “trappolone”, che consiste nel ritenere che gli sganci non vadano mai testati oppure, ancora peggio, che sia un fastidio provarli. Peccato, perché c’è in ballo la vita delle persone.

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