Passaggio del Testimone

Aziende che crescono con le persone

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La E.M.A. Cereda è giunta alla quarta generazione: alla guida c’è Antonio Cereda, che ha progressivamente integrato i figli Chiara e Giacomo nelle funzioni aziendali

Un padre saldamente al timone e due figli pienamente integrati nei rispettivi ruoli, per un’azienda giunta alla quarta generazione. Gli attuali protagonisti sono Antonio, Chiara e Giacomo Cereda, rispettivamente classe 1949, 1978 e 1979. Il loro nome risalta anche nell’organigramma e nel capitale sociale, in quanto i tre rappresentano contemporaneamente il consiglio d’amministrazione e la compagine sociale della E.M.A. Cereda. La lunga storia dell’azienda brianzola si riflette nell’insegna, la cui denominazione sociale abbina al cognome le iniziali di Edoardo e Mario – che ricevettero il testimone dal fondatore Giuseppe negli anni Trenta – più quella dello stesso Antonio, subentrato nel 1977. L’attuale amministratore delegato racconta le dinamiche e le prospettive del ricambio generazionale nell’azienda di famiglia.

Chi rappresenta oggi la “memoria storica”?

Fino allo scorso settembre lo è stato mio padre che, nonostante i suoi 96 anni, ha continuato a stimolarci ad agire. Ha rappresentato una figura di riferimento anche per i ragazzi e non ha mai frenato le nostre iniziative. Era capace di arrabbiarsi per una luce dimenticata accesa, ma non esitava ad investire in quel che riteneva utile per lo sviluppo tecnologico dell’azienda.

I rapporti familiari possono creare “sistema” sul posto di lavoro?

No, perché lavorare con i figli è la cosa più difficile del mondo. Ogni genitore desidera che diventino più bravi e intraprendenti dei migliori collaboratori. Ma anche il loro è un percorso di formazione culturale e di vita che richiede tutto il tempo necessario.

Dunque, i legami affettivi si possono considerare un’arma a doppio taglio?

Molte aziende sono andate in difficoltà proprio a causa dei rapporti familiari. Ma il rispetto reciproco tra le persone e la capacità di smussare gli angoli del proprio carattere, che si acquisisce col tempo, aiutano a gestire queste relazioni. Da ragazzo, la figura di mio padre mi sembrava ingombrante: aveva sempre ragione lui e non avevo il coraggio di ammetterlo. Non è stato un litigio continuo, ma il costante confronto con lui assorbiva comunque delle energie. Del resto, non sarebbe normale che i miei figli trentenni si comportassero come se ne avessero 60.

Come conciliare l’ereditarietà delle principali cariche con la meritocrazia?

In linea di principio, non è detto che un figlio sia la persona più adatta per fare l’amministratore delegato. Nel nostro caso, le cose hanno avuto un’evoluzione spontanea, poiché Chiara e Giacomo si completano a vicenda. Il lavoro quotidiano permetterà di plasmarne ulteriormente i ruoli, in modo da stabilire quali siano gli incarichi ottimali per ciascuno dei due.

I legami affettivi possono ostacolare una serena disamina delle problematiche aziendali?

Sì. In presenza di un problema, un dipendente adotta un approccio graduale, oggettivo e generalmente non condizionato da questioni personali. Al contrario, i figli tendono ad avere un eccesso di zelo che, coniugato all’irruenza tipica dei ragazzi più giovani, può indurli a non ascoltare, ad ignorare i rimedi a portata di mano e a preferire soluzioni magari potenzialmente valide per implementazioni future ma non adatte al momento.

Ha indirizzato i suoi figli a particolari corsi di studio?

No, ma Chiara si è laureata in Economia e Legislazione d’Impresa alla Bocconi. Giacomo ha cominciato a lavorare presto, a seguito di esigenze familiari intrecciate a quelle dell’azienda, quando era studente in ingegneria.

Ha predisposto un business plan di lungo periodo che preveda deleghe e affidamenti di funzioni?

Il mondo si evolve in maniera talmente rapida da rendere impossibile la stesura di piani dettagliati. La storia della nostra azienda è legata a quella delle sue persone, la cui evoluzione è lenta ma costante.

 Dipendenti non familiari particolarmente preparati potranno trovare spazio nel management?

In linea di principio sono favorevole all’introduzione di figure di questo tipo. Ma la delega di incarichi manageriali è un tema molto delicato per tutte le PMI, dove il problema sta proprio nell’individuazione di soggetti dalle caratteristiche adeguate. Tutti i nostri dipendenti hanno delle ottime caratteristiche professionali e umane, ma non vedo il classico “numero 10”. L’intento è quello di portarli a un livello sempre più alto, restando tuttavia nei ranghi del un rapporto di collaborazione. Collaboriamo invece con dei consulenti esterni per le questioni legali, fiscali e organizzative. Il confronto con esperti di questi settori permette di agire correttamente e infonde un senso di sicurezza a tutta la squadra e predispone poi idee per continui sviluppi futuri (Stefano Troilo)

 

IDENTIKIT

Denominazione e forma giuridica: Srl

Anno inizio attività: 1927

Sede: Agrate

Punti vendita: 1

Fatturato: 6 milioni di euro

Dipendenti: 20

Fondatore: Giuseppe Cereda

Generazione: quarta

Organigramma:

Amministratore delegato: Antonio Cereda

Soci e membri CdA: Giacomo e Chiara Cereda

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