Il progetto di un Data Center

Lo scopo precipuo di questo articolo è di illustrare al progettista le problematiche, tante e complesse, che gli si presenteranno nell’accingersi a progettare un Data Center e cercare di indirizzarlo alla meta in maniera semplice e coerente.

Si è già detto tutto sull’importanza dei Data Center, e della loro crescita esponenziale sia in numero che in potenzialità, dovuta alla pandemia che ha costretto tutti a lavorare molto più tempo con il pc e quindi moltiplicando a dismisura i numeri di dati che viaggiano in rete. “I dati saranno il nuovo petrolio” disse Alec Ross, uno dei guru delle moderne tecnologie. Già oggi, specialmente a causa della pandemia, questa sua profezia è diventata realtà.

I Data Center, Centri Elaborazione Dati in italiano, stanno moltiplicandosi in numero ed ampliandosi in dimensioni. Sempre più frequentemente sia i professionisti che le imprese vengono chiamati per progettarne o realizzarne uno. Le aspettative sono tante, il tempo è poco e le normative, oltre che l’esperienza, sono ancora insufficienti. Di seguito illustriamo alcuni criteri che possono risultare utili per una corretta progettazione.

Le apparecchiature di un Data Center

Un Data Center, qualunque siano le sue dimensioni, comprende:

  • i server, ossia i componenti informatici che elaborano e gestiscono un traffico di informazioni e che forniscono qualsiasi servizio ad altri componenti che si chiamano client (clienti) che richiedono questi servizi, attraverso dei computer oppure all’interno di un sistema informatico;
  • gli storage, ossia i supporti hardware dove vengono memorizzate le informazioni ed i software destinati a farli funzionare;
  • i router o instradatori, cioè quei dispositivi di rete che nell’ambito della rete informatica si occupano di instradare i dati sotto reti diverse.

Tutti questi elementi sono tra loro interconnessi attraverso delle connessioni fisiche sicure e molto spesso ridondanti. È quindi evidente che nel Data Center debba esistere una alimentazione elettrica che serve ad alimentare tutti i componenti suddetti nonché quegli impianti indispensabili alla fruizione dei locali in cui il CED è realizzato. Ci riferiamo in particolare agli impianti di illuminazione, agli impianti di sicurezza antincendio, agli impianti di antiintrusione e infine, ma non ultimo per importanza, all’impianto di climatizzazione che serve a mantenere alle temperature richieste soprattutto i componenti elettronici che si trovano nel Data Center.

Una volta descritti i componenti principali che compongono un Data Center, vediamo quali sono i criteri fondamentali da seguire per sviluppare un progetto valido ed eseguibile.

I criteri basilari per progettare un Data Center

Un Data Center deve rispondere ad alcuni criteri basilari: deve essere affidabile, scalabile ed efficiente.

  • L’affidabilità viene demandata, solitamente, alla ridondanza delle apparecchiature, accoppiata alla affidabilità intrinseca di un sistema di alimentazione elettrico di tipo ridondante;
  • La scalabilità del Data Center serve a garantire due criteri sostanziali: in primo luogo la possibilità di ampliare le capacità del CED, laddove ve ne fosse bisogno, sia in termini di potenza che in termini di spazi disponibili; in secondo luogo evitare, almeno in fase di prima realizzazione, strutture iper-dimensionate senza una vera necessità, aggravandone inutilmente i costi.
  • L’efficienza, infine, assume una importanza fondamentale ed è determinata dalla scelta di tutti i componenti del Data Center, risultando chiaro che componenti a maggiore efficienza energetica, garantiscono un risultato totale in linea con le aspettative generali.

Questi criteri vanno tenuti in conto quando iniziamo la fase progettuale di un Data Center.

L’analisi dei carichi

L’analisi dei carichi è l’altro fondamentale parametro di cui occorre tenere conto, come in qualsiasi altro tipo di progettazione. Circa questa analisi, si può dire che le tipologie di carichi da tener presenti, sono essenzialmente tre:

  • Il Carico Critico;
  • Gli impianti di climatizzazione;
  • Altri carichi generici.

Il Carico Critico

Il Carico Critico è costituito da tutte le apparecchiature indispensabili al funzionamento del CED, quali Server, Router, Computer, Storage, Dispositivi di Archiviazione, Apparecchiature di Telecomunicazione, Sistemi di Sicurezza e Monitoraggio. Tutti questi componenti informatici non devono essere valutati soltanto in relazione alla velocità di funzionamento, elemento fondamentale per la funzionalità “elettronica” del Data Center, ma anche in termini di assorbimento di energia; insieme agli altri carichi presenti nella Sala Ced, essi trasformano parte dell’energia assorbita in calore che va ovviamente dissipato. Pertanto è fondamentale, nella progettazione, scegliere questi macchinari tra i più performanti possibili, ottenendo in questo modo sia una loro maggiore efficienza sia, attraverso la diminuzione di calore generato, un minore impegno per gli impianti di climatizzazione.

Per la funzionalità ottimale di un Data Center, si sottolinea l’importanza del sistema di climatizzazione che va valutato nell’insieme dello stesso Carico Critico, ai fini della funzionalità del CED.

I Carichi Generici

Vi sono poi altri impianti al servizio del Data Center che possono definirsi come “Carichi Generici” quali ad esempio impianti di illuminazione, di fm ordinaria, di apparati di videosorveglianza, ecc. Sulla scorta delle esperienze maturate fino ad oggi si può affermare che il Carico Critico di un Data Center di medie dimensioni assorbe il 50% della potenza totale, il raffreddamento rappresenta il 30% della potenza totale, mentre l’alimentazione dei servizi di illuminazione e di altri impianti accessori può arrivare fino al 20%.

L’esatta valutazione del Carico Critico è di fondamentale importanza per il dimensionamento di tutte le componenti elettriche e di climatizzazione nonché per la valutazione dell’efficienza energetica del Data Center.

L’efficienza energetica del Data Center

Uno dei parametri più significativi di un Data Center è costituito dalla sua efficienza energetica, vale a dire quel parametro che indica quanta potenza elettrica viene fornita al Ced e quanta effettivamente viene utilizzata dagli apparati IT (Information Tecnology).

L’indice PUE

A livello internazionale, per valutare l’efficienza energetica di un CED, si è optato per un indice definito PUE (Power Usage Effectiveness) che misura quanto sia efficiente un Data Center nell’utilizzo dell’energia elettrica che lo alimenta. Il suo valore massimo teorico è naturalmente pari a 1, quando cioè tutta l’energia assorbita dal Data Center è utilizzata per il Carico Critico, situazione difficilmente realizzabile in quanto vi sono anche altri carichi da tenere in conto.

A oggi le valutazioni sui Data Center, effettuate dalla Uptime Institute, dicono che un Data Center tipico ha un valore di PUE pari a 2,5 e ciò significa che per ogni 2,5 W in ingresso solo un Watt viene erogato al carico critico; sempre Uptime Institute stima che la maggior parte delle strutture potrebbe raggiungere un valore di 1,6 attraverso una migliore progettazione e l’utilizzo di attrezzature e tecnologie più efficienti.

È chiaro quindi che il valore del PUE diventa un elemento fondamentale nella valutazione sia della progettazione che della successiva realizzazione di un centro elaborazione dati. Ecco perché la scelta dei componenti e delle apparecchiature ai fini del consumo energetico è estremamente importante. Sotto questo aspetto è fondamentale da parte del progettista valutare l’analisi dei costi del ciclo di vita delle singole apparecchiature. Potrebbe verificarsi infatti, che si opti inizialmente per apparecchiature meno costose per contenere i costi di investimento iniziali, scoprendo poi che i costi generati da tali apparecchiature nel corso della loro vita utile risultano maggiori rispetto allo stesso costo iniziale. Va pertanto valutato questo parametro, se cioè convenga dotare il CED di apparecchiature di minore costo iniziale ma di costi di vita decisamente maggiori o viceversa investire inizialmente di più per recuperare in minor tempo tali costi grazie all’efficienza energetica delle singole apparecchiature.

Gli UPS

Altre apparecchiature di cui vanno valutate l’efficienza funzionale ed energetica sono gli UPS, uno degli elementi più importanti di un CED. Esistono infatti sia UPS statici sia UPS dinamici o rotanti. Gli UPS statici, quindi dotati di batterie, possono funzionare con modalità diverse: quando il segnale in arrivo e abbastanza puro, l’UPS esclude automaticamente il passaggio sia nel raddrizzatore che nell’inverter e funziona in via diretta. In questa circostanza, si hanno bassissime perdite e quindi elevatissimo rendimento. Se, al contrario, l’alimentazione non è così pulita, l’UPS statico preferirà lavorare attraverso il raddrizzatore e l’inverter situazione nella quale si avrà sicuramente la massima protezione del carico ma altrettanto certamente una minore efficienza energetica.

Una soluzione totalmente differente, può essere invece l’utilizzo di gruppi rotanti i quali fanno a meno delle batterie garantendo la continuità di alimentazione per circa 10/15 secondi fino a quando partono i gruppi elettrogeni che garantiscono la copertura del carico. In questi casi, gli UPS dinamici hanno rendimenti elevatissimi intorno al 96-97%; quindi è chiaro che il progettista anche per quanto riguarda la scelta dei sistemi di alimentazione di continuità assoluta debba fare una riflessione su questi due tipi di apparecchiature.

La continuità di servizio

È chiaro che tutti i dispositivi IP, cioè costituenti il carico critico, devono poter funzionare senza soluzione di continuità e, soprattutto, che questa continuità venga garantita ai livelli massimi ed in qualsiasi circostanza normalmente prevedibile. Questo aspetto introduce un altro parametro fondamentale nella valutazione di un Data Center sia come progettazione che come successiva esecuzione, vale a dire la garanzia di continuità assoluta della energia elettrica che alimenta i carichi IT.

Il primo “livello” di protezione a questi fini è l’utilizzo di sorgenti alternative alla rete principale e quindi, oltre ad avere una alimentazione “ordinaria” proveniente dal distributore locale vanno previsti gruppi di continuità e gruppi elettrogeni. Questa è certamente una soluzione necessaria ma non sufficiente; potrebbe infatti accadere che, nonostante la presenza di gruppi di continuità o di gruppi elettrogeni, in caso di necessità, qualcuno di questi elementi possa non funzionare o non funzionare correttamente, lasciando il CED senza alimentazione per periodi più o meno lunghi.

Per garantire, anche in questo caso, la continuità di alimentazione al carico critico, entra in gioco il concetto di ridondanza; questo concetto si estrinseca nel poter disporre di due strade per il trasporto dell’energia, completamente indipendenti tra di loro, sia come componentistica sia come percorsi delle connessioni, che dovranno essere posate in maniera da restare totalmente separate e indipendenti l’una dall’altra. Laddove al Carico Critico venisse a mancare l’alimentazione anche per un solo componente di una catena di alimentazione, si deve fare in modo che intervenga immediatamente un’altra catena di alimentazione, esattamente uguale alla prima. Questo significa avere una ridondanza totale di tutta la rete elettrica di alimentazione che garantisca quindi in qualunque circostanza l’alimentazione al Carico Critico.

Oltre a questo concetto che si presenta come “onnicomprensivo” circa la possibilità di ridondare i sistemi, occorre tener presente alcuni aspetti pratici e concreti, che si illustrano di seguito.

La ridondanza totale

Oltre alla ridondanza elettrica è necessario valutare anche la ridondanza meccanica, intesa come impianti di climatizzazione. Infatti, un Data Center riesce a funzionare bene se la temperatura e l’umidità al proprio interno rimangono costanti ed entro i range previsti per le apparecchiature in esso ubicate. Nel momento in cui avviene un guasto nell’impianto di climatizzazione, tale da pregiudicarne il funzionamento, in breve il CED potrebbe andare in sofferenza e gli apparati bloccarsi.

In questo caso, si comprende come gli impianti di climatizzazione debbano essere sempre in grado di funzionare garantendo i parametri richiesti di temperatura ed umidità. Ne consegue che, oltre a dover sempre garantire l’alimentazione elettrica, è indispensabile che, in caso di guasto di un componente, il sistema sia in grado di sopperire attraverso un impianto separato dal primo e perfettamente coincidente. Quindi occorrerà creare un sistema di climatizzazione base ed un secondo, perfettamente simile, di soccorso in caso di mancanza del primo. Si comprende dunque che oltre alla ridondanza dell’alimentazione elettrica, è richiesta anche la ridondanza dell’impianto meccanico.

Indipendenza delle linee

Sempre in relazione alla richiesta “ridondanza” degli impianti elettrici e meccanici, essa si ottiene non solo con la duplicazione delle apparecchiature ma anche delle linee, elettriche o meccaniche, le quali devono essere inoltre assolutamente “indipendenti” l’una dall’altra. Per indipendenza si intende la caratteristica di queste linee di non essere mutuamente interferenti.

Supponiamo di avere una linea elettrica che congiunge due quadri A e B. Per effetto della “ridondanza” avremo due quadri A1 e B1 esattamente uguali ai primi, connessi da una linea elettrica denominata A1-B1. Ebbene, i due quadri e, ancor più le due linee, devono essere distanti tra loro e, nel caso delle linee in cavo, le stesse devono essere posate in canaline assolutamente distanti tra loro o, in alternativa, compartimentate tra loro. Il concetto generale è quello che, se accade qualcosa ad uno dei quadri A-B o alla loro linea elettrica di connessione, questo problema non possa influenzare in alcun modo il corretto funzionamento tra il quadro A1 e B1, nonché della linea di connessione A1-B1.

Lo stesso concetto vige per gli impianti meccanici, con le relative tubazioni. Va dunque da sé che, al di là dei criteri principali dettati dalle norme di sicurezza vigenti, il progettista dovrà dettagliare tutti i percorsi di tutte le linee citate, cercando quelli che possano risultare indipendenti dalle omologhe e assolutamente non interferenti con nessuna altra. In poche parole, un guasto, un errore umano, un intervento intempestivo, qualunque ulteriore evento, non deve mai essere tale da interrompere il regolare funzionamento del Ced, qualunque siano le condizioni al contorno.

Lo Standard di riferimento per i Data Center

Tutti i principi ricordati nell’articolo, sono solo una breve sintesi di documenti ufficiali che dettano gli standard qualitativi per i Data Center. In relazione alle tipologie di circuiti adottati, del tipo di catena impiantistica a monte del carico critico IT, dei livelli di ridondanza previsti e di tanti altri fattori di dettaglio, i Data Center vengono “classificati” per categorie ciascuna delle quali codifica il livello prestazionale di disponibilità e di affidabilità raggiunto da quello specifico Data Center. Quando si parla di “sicurezza informatica” si parla di tutti i componenti che consentono l’erogazione dei servizi al Data Center: va da sé che per disponibilità deve intendersi non solo la qualità dei server, dei sistemi operativi e delle altre componenti elettroniche del Data Center, ma anche le cosiddette “infrastrutture di base” che consentono al Data Center di funzionare senza problemi.

Per fare un po’ di chiarezza su questo aspetto, ancora oggi estremamente dibattuto e controverso, precisiamo che, quando si parla degli “standard” internazionali che qualificano i Data Center si intende un metodo riconosciuto, o localmente o globalmente, di realizzare qualcosa, ad esempio fornire un servizio o produrre un oggetto. Gli “standard” per essere definiti e riconosciuti, dovrebbero avere la caratteristica di essere “pubblici”.

Lo “Standard Tier Topology”

Al contrario, il più conosciuto e diffuso, anche perché nato per primo, è lo “Standard Tier Topology” di Uptime Institute, nato nel 1993 per iniziativa privatistica, come consorzio di società ed impegnato nello sviluppo di corsi e consulenze relative ai Data Center. Esso manca della caratteristica di essere “pubblico” essendo invece di tipo privatistico. Tuttavia per tradizione e per valenza, è riconosciuto in tutto il mondo ed è, ad oggi, l’organizzazione che effettua attività di certificazione.

In particolare, Uptime Institute rilascia sia una certificazione sul progetto (Design Certification), sia una certificazione finale sul “come realizzato”, definita Facility Certification. In base a questo standard, i Data Center vengono classificati su 4 livelli (Tiers) prestazionali classificati con numeri romani da 1 a 4 (TIER I, II, III, IV).

TIA – Telecommunications Infrastructure Standard for Data Center

Un secondo standard per i Data Center è la cosiddetta TIA, che ha presentato nel 2005 la norma ANSI/TIA-942 denominata “Telecommunications Infrastructure Standard for Data Center”. Essa nasce come norma per certificare il cablaggio strutturato e le infrastrutture di telecomunicazione più che le infrastrutture meccaniche ed elettriche. Nel tempo essa ha iniziato a far riferimento anche a queste, attraverso l’allegato F ed altri che tuttavia, come specificato, non sono da ritenersi come “standard”.

Anche per TIA i livelli di certificabilità sono 4 indicati come Rating 1, 2, 3, 4 con caratteristiche analogamente crescenti da 1 a 4.

EN 50600 ed ISO 22237

Ulteriori standard sono nati nel tempo anche in Europa, in particolare EN 50600 ed ISO 22237. Il termine “EN” identifica le norme elaborate dal CEN (Comité Européen de Normalisation) che è l’ente di normazione europea: tutti i paesi membri devono quindi recepire le normative europee ed applicarle. Tali norme quindi diventano, per i paesi europei, cogenti, anche se non c’è ancora una linea di accreditamento consolidata ma documenti che forniscono le linee guida per la realizzazione di Data Center.

In particolare la EN 50600 e la ISO 22237 classificano i Data Center con tre parametri e precisamente la disponibilità, la sicurezza e l’efficientamento energetico.

Disponibilità

Si intende riferita agli impianti meccanici ed elettrici e definisce 4 classi denominate “Availability Class” che vanno da 1 a 4 dove la Class 1 è la base e la classe 4 qualifica i Data Center con caratteristiche di “fault tolerance”.

Sicurezza

Fa riferimento alla sicurezza fisica (accesso, intrusione, protezione su eventi esterni, protezione su eventi interni) e dà una classificazione in 4 zone, da zona 1, la meno sicura, a zona 4 con la massima sicurezza. Questi livelli sono completamente indipendenti rispetto ai precedenti di “Disponibilità”.

Efficientamento energetico

I Data Center, per questa voce, vengono classificati in 3 livelli di cui il “Level 1” rappresenta il meno efficiente ed il Level 3” il più efficiente. L’impostazione di base dei due Standard Europei, segue una metodologia consolidata in Europa e che, al di là delle differenze tra i vari standard, deve essere la guida per chiunque si accinga a progettare e a realizzare un Data Center: esse presuppongono infatti in partenza l’analisi dei rischi.

Analisi dei rischi

Indipendentemente da ciò che è scritto in tutti i documenti dei vari standard internazionali, il progettista di un Data Center deve effettuare una analisi dei rischi in relazione al contenuto e alla funzionalità del Data Center. Quindi dovrà definire:

  • la classe di “disponibilità” in base ai risultati dell’analisi dei rischi;
  • il livello di “sicurezza” in base ai risultati dell’analisi dei rischi;
  • il livello di efficienza energetica, in relazione a tutte le componenti che la determinano.

Anche se oggi le due certificazioni Uptime Institute e TIA-942 sono quelle più consolidate, i due standard europei sono ormai maturi per diventare un notevole punto di riferimento con dei plus, rispetto alle altre, relativi all’efficientamento energetico e all’analisi dei rischi che consente di valutare ogni tipo di rischio esterno e interno e prendere le conseguenti misure precauzionali.

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