Paolo Ferrari è intervenuto al Convegno di Rapallo dei Giovani Imprenditori parlando dell’importanza dell’intelligenza artificiale anche per raggiungere obiettivi di sostenibilità e attrattività.
«Siamo di fronte a una sfida che non ha precedenti. L’intelligenza artificiale offre l’opportunità al tessuto italiano, fatto da tante piccole e medie imprese, di operare a livello globale, anche stando nelle zone più isolate del Paese, fornendo la capacità di esprimere un’eccellenza incredibile – a 360 gradi – anche a lunghe distanze, se facciamo un discorso legato al prodotto».
È quanto ha dichiarato Paolo Ferrari, AD Comoli Ferrari e vicepresidente FME (Federazione Nazionale Grossisti Distributori Materiale Elettrico), intervenuto oggi al consueto Convegno di Rapallo dei Giovani Imprenditori intervistato da David Parenzo su come l’intelligenza artificiale entri nei processi aziendali, tra nuove tecnologie, innovazione e attrattività del mercato.
«Se guardiamo, invece, ai processi aziendali, l’AI ci consente di sfruttare la velocità per adeguarci al mercato, e questo fa tutta la differenza del mondo. E, in ultimo, non meno importante, ci permette di colmare un gap tra l’impresa e le nuove generazioni che credo non sia mai stato così ampio».
Ad una settimana dalle elezioni l’evento ha voluto focalizzarsi sulle grandi sfide trasformative che attendono l’Europa; in particolare difesa, doppia transizione digitale e verde, politica industriale, intelligenza artificiale.
E sempre sul tema del gap generazionale riprende «Oggi i giovanissimi esprimono una scala di valori diversa rispetto a quelli con i quali siamo cresciuti noi. Nel mondo dell’impresa in particolare, vedo una immotivata critica nei confronti delle nuove generazioni, solo per aver rivisto il bilanciamento tra vita professionale e vita privata. In questo contesto, credo che l’errore più grande sia quello di demonizzare ciò che non si comprende, o diverso. E di non porsi, per contro, l’interrogativo di come adeguare l’impresa a questo».
E aggiunge «Quello che mi fa perder il sonno non è tanto l’avanzare delle tecnologie, ma quanto piuttosto accadrà tra 5 o 10 anni se non saremo riusciti a renderci appetibili come aziende rispetto a quello che è una nuova interpretazione di valori e di cultura del lavoro. Abbiamo la possibilità di attrarre talenti, che saranno sempre meno, sia per la riduzione demografica o per opportunità all’estero. Se come imprenditori non riusciremo a essere attrattivi per i migliori ci troveremo con i meno bravi, e questo, per le nostre imprese sarà deleterio».
Parlando di Europa non si può non considerare seriamente la sostenibilità, specie se abbinata al concetto di innovazione.
«Credo che ci siano degli aspetti della sostenibilità prioritari come creare le condizioni che diano futuribilità. Possiamo certamente dire che oggi è un grande driver, forse è l’elemento principale di indirizzo, sia all’interno delle nostre imprese, che a livello Paese. In Europa – se le prossime elezioni confermeranno questa strada – sarà un percorso netto e chiaro per i prossimi 25 anni. Tuttavia, non dimentichiamo che la sostenibilità si persegue non solo impattando un po’ meno sull’ambiente. Va approcciata a 360, a partire da una sostenibilità economica e da una fattibilità che passa attraverso un cambio di paradigma e dal concetto di appetibilità verso il nuovo mercato».