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Oltre la logica del sell-in

Ha vissuto in prima persona le realtà di industria e distribuzione. Che idea s’è fatto sull’evoluzione dei rispettivi ruoli?
Nei momenti di maggior crescita del mercato, l’industria ha incentivato lo sviluppo di strutture commerciali che svolgevano sul territorio attività sovrapponibili a quelle dei grossisti. Si è pertanto venuto a creare un surplus di offerta che, a fronte di marginalità sempre più risicate, la distribuzione non è in grado di sopportare ulteriormente. La nostra Federazione sta svolgendo un lavoro immane per portare alla luce ed emendare questa dinamica, che nasce evidentemente da lontano.

Mettere mano agli aspetti logistici rappresenterebbe un buon punto di partenza per sistemare le cose?
Lo snellimento dei flussi rappresenta una problematica fondamentale. Ma la radice del problema è rappresentata dalla concezione dei premi, che risponde alla logica del sell-in. In altre parole, le politiche dell’industria mirano al conseguimento di elevati volumi di produzione; giocoforza, il distributore deve accoglierle per realizzare degli utili. La conseguenza di questo meccanismo sono scorte di magazzino sovradimensionate rispetto alle necessità, con le problematiche finanziarie che ne conseguono, sommandosi a quelle causate dai pagamenti a lungo termine da parte degli installatori.

Come ritiene che si possa intervenire per correggere questa dinamica?
Occorre dar luogo a un’effettiva riqualificazione delle relazioni tra industria e distribuzione, che devono dimostrare una comprensione reciproca delle rispettive problematiche. Tutto ciò comporterà sacrifici ma, per il bene di tutti, credo che non esistano alternative allo spostamento del focus dal sell-in al sell-out. Allo stesso modo non ritengo che l’industria possa trarre dei vantaggi da una distribuzione in crisi e ridotta a pochi attori di grandi dimensioni.

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