Mef e la patnership con Würth

Nuova linfa per rimanere se stessi

 

Leonardo Giaffreda Presidente di MEF
Leonardo Giaffreda Presidente di MEF

 

 

 

 

 

 

 

 

Würth Electrical Wholesale ha acquisito le quote di maggioranza Mef, azienda fiorentina di distribuzione di materiale elettrico, che grazie a questo accordo vede il proprio ruolo di leader nel settore ulteriormente rafforzato

Mef ha avviato una partnership con Würth Electrical Wholesale Group, che si affaccia per la prima volta in Italia in questo settore. Il Gruppo tedesco, pur avendone acquisito le quote di maggioranza, ha scelto di lasciare intatto l’assetto societario dell’azienda fiorentina di distribuzione di materiale elettrico. Il gruppo tedesco di distribuzione elettrica Würth è la divisione specializzata nella distribuzione di materiale elettrico di Würth Group, azienda leader con sede a Kuenzelsau (Germania) che concentra il proprio business in Europa continentale, che nel 2014 ha raggiunto un miliardo di euro di vendite, il 10% per cento del fatturato dell’intero gruppo. Con questa operazione Würth, già presente in 7 Paesi, si affaccia in uno dei maggiori mercati europei di distribuzione elettrica. Mef, azienda multispecialista con quartier generale a Firenze, è stata fondata 47 anni fa da Antonio, Emilio e Vanda Giaffreda e opera in Toscana, Lazio, Liguria e Umbria con 32 punti vendita, 500 dipendenti e un fatturato di 120 milioni di euro all’anno. Il portafoglio prodotti è suddiviso nelle divisioni civile, home automation, automazione industriale, illuminazione, energie rinnovabili, impianti speciali, cavi. L’offerta prodotti è completata da una ampia gamma di servizi pre e post vendita e di supporto al cliente. Da sempre punto di riferimento degli installatori del centro Italia, MEF si rivolge anche a progettisti, architetti, enti pubblici, costruttori di macchine, coadiuvati da un team di esperti e specialisti di settore. Leonardo Giaffreda, Presidente dell’azienda fiorentina, ci racconta in questa intervista perché l’accordo tra MEF e Würth Electrical Wholesale Group rappresenta un progetto nuovo e originale per il mercato italiano.

Prima di tutto, Signor Giaffreda, lei ci tiene a precisare una cosa…

«Infatti, anche due. In pratica si tende ad associare questa operazione con quella parte, preponderante, del Gruppo Würth dedicato al proprio core business, cioé ai materiali da fissaggio. Invece la partnership è stata fatta con la divisione dedita alla distribuzione di materiale elettrico (Würth Electrical Wholesale Group) e quindi anche i rapporti avuti durante gli accordi sono stati tenuti con referenti a questa divisione. Altro punto da precisare riguarda il nome con cui chiamare l’accordo. Ci sembra giusto chiamarla partnership, intanto perché loro stessi la chiamano così nei contratti e nei comunicati ufficiali, poi perché pur avendo ceduto la quota di maggioranza ci sentiamo a tutti gli effetti soci di questa avventura e perché una fetta del capitale importante rimane alla famiglia operante».

La sede centrale di MEF a Firenze
La sede centrale di MEF a Firenze

 

 

 

 

 

 

Avverranno cambiamenti nel modello di governance Mef? «Trovare l’opportunità che permettesse a questa azienda di svilupparsi ma di farlo con la stessa famiglia fondatrice al comando non era cosa scontata e possibile con altro tipo di alleanze. Diversamente in questo caso i patti parasociali e lo statuto ufficiale determinano come la governance rimanga nelle mani della famiglia. Le faccio un esempio: su sette membri del consiglio di amministrazione, sei sono gli attuali della famiglia Giaffreda e uno è un delegato del gruppo Wurth. Noi rimaniamo come soci e membri del cda nei ruoli e deleghe originali: presidente e presidente onorario, direttore commerciale, amministrativo, delle risorse umane, della logistica. Tutte le funzioni chiave aziendali rimangono alla famiglia come prima dell’accordo». figura 3

 

 

 

 

 

Per quale motivo ritiene sia stata attraente per Würth Electrical Wholesale Group l’entrata in campo nell’area di mercato al quale fa riferimento Mef?

«In primo luogo questo si sposa alla filosofia del gruppo, perché se è vero che per la parte del loro core business, i materiali da fissaggio, opera a marchio proprio con una certa centralizzazione, per quanto riguarda gli altri numerosi settori nei quali è attivo, tra cui la distribuzione di materiale elettrico, generalmente lo fa in maniera decentralizzata, più indipendente e autonoma. In pratica tutto ciò che non è il core business viene gestito localmente e con marchi indipendenti, così come avviene ad esempio in Germania, dove sono presenti con quattro storiche aziende. In più volendo essere presenti  in Italia il gruppo ha guardato a esperienze precedenti di altri gruppi importanti e, per cercare di provare una terza via rispetto alla classica acquisizione, ha capito che per gestire il business in Italia è imprescindibile la presenza di persone locali e soprattutto un’ampia e profonda conoscenza del territorio, proprio perché il nostro mercato è un po’ particolare rispetto al Centro e Nord Europa, è molto più complesso».

Quali sono gli obiettivi che entrambe le parti interessate si aspettano di ottenere con questa operazione? «Loro cercavano una partnership con un management che volesse restare saldamente al comando a tempo indeterminato. Le loro testuali parole sono state: “Non ci interessa salire su un aereo il cui pilota ha già indossato paracadute!”, volendo esprimere il bisogno di un aereo funzionante, efficace e solido ma che fosse anche ben condotto. I nostri partner hanno dimostrato di avere fiducia e di credere nella solidità rappresentata da Mef. Noi non eravamo interessati a una vendita pur avendo, come la maggior parte degli imprenditori italiani, l’esigenza di sopravvivere a questa crisi. D’altra parte, cercare di riuscire nell’impresa di rimanere protagonisti del mercato da soli, purtroppo, è quasi impossibile. Un altro obiettivo dell’accordo era di avere l’opportunità di collaborare con un gruppo estremamente solido dal punto di vista finanziario e con grandi competenze manageriali. Inoltre, pur essendo avendo le dimensioni di una multinazionale, rimangono ancora un gruppo a controllo familiare, saldamente ancorato a valori nei quali anche noi ci riconosciamo».

Foto di gruppo: la dirigenza Giaffreda e la sua forza vendita
Foto di gruppo: la dirigenza Giaffreda e la sua forza vendita

 

 

 

 

 

 

 

 

Quali sono i vantaggi che il Gruppo tedesco trarrà dall’accordo?

«Sicuramente questo accordo consentirà loro di affacciarsi nel terzo mercato europeo della distribuzione di materiale elettrico, proporsi come alternativa ai grandi distributori già presenti, poter beneficiare di bonus di livello internazionale in quanto aumenteranno la copertura del territorio europeo. A livello internazionale questi bonus sono molto importanti per gruppi di queste dimensioni».

Che prospettive si presentano ora per Mef?

«Consapevoli che le dimensioni contano, da tempo ci domandavamo come sopravvivere ma anche come crescere mantenendo una certa indipendenza, potendo accedere a tutte le economie di scala che un Gruppo come Würth può permettere di raggiungere. Ora ci si presenta la prospettiva di poter attingere alla forza finanziaria del Gruppo potendo inoltre contare sul fatto che loro stessi ci considerano come platform, una piattaforma per un possibile sviluppo successivo. Questo accordo è stato fatto in funzione di rafforzare il nostro business plan; Mef ha un piano di crescita organico per i prossimi anni e su quello ci concentreremo».

Come si differenzia dal vostro mercato quello nel quale opera Würth?

«La differenza principale si basa sulla diversa bilancia dei pagamenti. Nel Centro-Nord Europa si tende ad avere una bilancia uguale a zero, sia nei confronti dello Stato che dei privati, grazie a una legge che viene rispettata e che funziona. Da noi purtroppo il primo debitore è lo Stato che, se va bene, paga a 180 giorni, creando uno squilibrio finanziario importante che limita la crescita delle aziende perché toglie loro la liquidità necessaria agli investimenti, liquidità che invece devono riversare sul mercato per finanziare i propri clienti, senza nessuna garanzia. Le differenze sono tante ma questa è quella centrale perché fa perno sull’aspetto finanziario delle aziende italiane. In secondo luogo, nel Centro-Nord Europa è molto più sviluppato l’eCommerce, che raggiunge anche il 20-30%, un business senza dubbio più spersonalizzato ma che permette altre economie, mentre in Italia l’eCommerce ha indici molto arretrati, arrivando a malapena al 3%. Altra differenza importante risiede nella poca chiarezza nella politica dei prezzi. Negli altri Paesi è più coerente, il listino è più o meno sempre quello, le scontistiche meno selvagge. Da noi i prezzi di uno stesso articolo di uno stesso fornitore possono variare tantissimo da una regione all’altra ed è un fenomeno strano. Un’ultima diversità è che in Italia i bonus, cioè i premi di fine anno che si contrattano con i propri fornitori, hanno un’incidenza che arriva anche al 10% sul totale. Negli altri Paesi la stima per i bonus è molto inferiore, percentuale che non produce quella corsa a raggiungere un determinato target attraverso grossi ordini, con la conseguenza di trovarsi i magazzini pieni di prodotti e quindi con un’esposizione finanziaria eccessiva per l’azienda».

Quali sono le vostre prospettive di sviluppo nel futuro prossimo?

«Mef ha fatto un accordo di cui andiamo orgogliosi con un gruppo solidissimo riuscendo a mantenere al comando la famiglia fondatrice. Questo ci ha permesso di ampliare l’organico di 60 persone con l’intenzione di ingrandirci ulteriormente, continuando a gestire l’azienda con i valori tradizionali, quelli impostati dai nostri genitori. Nel corso dell’anno apriremo altri punti vendita tra Umbria e Lazio dove abbiamo un progetto di sviluppo. A giugno è prevista l’inaugurazione del nuovo centro logistico in Toscana, che conferma la voglia di radicamento sul territorio perché sarà a Campi Bisenzio, tra Firenze e Prato. Si svilupperà su 17.000 metri quadri, in una zona molto costosa rispetto a zone più depresse, ma per non delocalizzare abbiamo voluto restare là dove siamo sempre stati».

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