Gli impianti di videosorveglianza rispondono a una richiesta sempre più crescente di sicurezza della privacy. La normativa nata per questo settore è ampia e non solo di natura tecnica. Come sono quindi composti e che vincoli devono rispettare gli impianti?
Il crescente bisogno di sicurezza e lo sviluppo inarrestabile delle reti e della banda larga hanno portato a un incremento dei sistemi di videosorveglianza sia di tipo pubblico sia di tipo privato. Non c’è ormai progetto impiantistico che non includa un sistema di videosorveglianza o anche solo la predisposizione per installazione futura. Anche quando si dimensiona un impianto di pubblica illuminazione si prevede sempre la posa di corrugati aggiuntivi, nel caso in cui si vogliano installare telecamere sui medesimi pali.
La disponibilità dei prodotti sul mercato è notevole e la facilità di interconnessione dei sistemi rende la gestione (quasi) alla portata di tutti. Ma cosa si intende per impianto di videosorveglianza e quali sono le normative – non solo tecniche – da rispettare?
La definizione
La definizione corrente di tale tipologia di impianti è contenuta nella Norma CEI EN 62762-1-1 “Sistemi di videosorveglianza per applicazioni di sicurezza. Parte 1-1: Requisiti di sistema – Generalità”, pubblicata nell’ottobre 2014, la quale “pensiona” l’acronimo TVCC (TV a Circuito Chiuso) – che comunque continua a essere largamente usato, anche se impropriamente – sostituendolo con l’acronimo VSS (Video Surveillance System).
Secondo la sopracitata Norma, un impianto di videosorveglianza (VSS) è «[…] un sistema composto da dispositivi di ripresa (es. telecamere, n.d.r), memorie, visualizzazione ed altri equipaggiamenti per la trasmissione dei dati ed il controllo». Un impianto a circuito chiuso (c.d. TVCC) è quindi un sottoinsieme degli impianti VSS, pertanto quando si vuole parlare di impianti di videosorveglianza in termini più ampi si deve, oggi, utilizzare l’acronimo VSS e non TVCC.
La struttura
La Norma CEI EN 62762-1-1 descrive i sistemi VSS in modo generale, in quanto spiega che «[…] la tecnologia ed i dispositivi per i sistemi VSS, così come le loro funzionalità, cambiano così rapidamente che non è possibile definirne (normativamente n.d.r.) i singoli dispositivi ed i relativi requisiti »; si limita, pertanto, a classificarne le singole parti e le relazioni che ne intercorrono.
Quindi, un sistema VSS è costituito da tre blocchi funzionali (figura 1):
- ambiente video (video environment);
- sistema di gestione (system management);
- sistema di sicurezza (system security).
Ambiente video
Lo scopo degli equipaggiamenti facente parti dell’Ambiente video è quello di «catturare immagini da una scena e mostrali ad un operatore insieme ad altre informazioni che ne consentano una fruizione semplice ed efficace». L’ambiente video ottempera a tre funzioni:
- acquisizione di immagini (image capture);
- trasmissione di immagini video e segnali di controllo (interconnection);
- visualizzazione, memorizzazione ed analisi delle immagini (image handling).
Ovviamente, tutte queste funzioni non risiedono in un unico dispositivo ma in una serie di componenti, non solo hardware ma anche software. Sulla funzione di memorizzazione dei dati (c.d. storage), la Norma precisa quanto segue: – si parla di “immagine originale” o “registrazione originale” la prima acquisizione di una scena in forma permanente e finale; – quando l’immagine originale viene trasferita da un supporto di memoria a un altro si parla di “copia”. Se la copia è una fedele riproduzione dell’originale, viene denominata come “immagine di backup” o “copia master”; in caso contrario – ovvero se viene alterata o post-processata – si parla di “immagine esportata”.
Sistema di gestione
Il Sistema di gestione determina in modo significativo «il comfort, la funzionalità e la sicurezza di un impianto VSS» e svolge due funzioni: gestione dei dati acquisiti (non solo immagini, ma anche suoni o altri meta-data), dei sistemi di trasmissione, di memorizzazione e di visualizzazione. Consente altresì all’operatore di operare comandi nonché al sistema VSS di generare eventi quali allarmi ovvero “alert”; – interfacciamento tra l’impianto VSS e altri sistemi, che possono essere altri sistemi di sicurezza (es. impianto antifurto, impianto rivelazione fumi, ecc) oppure altri sistemi di gestione non necessariamente di sicurezza (es. impianto domotico, sistema di automazione di un edificio, ecc.).
Sistema di sicurezza
Il Sistema di sicurezza garantisce due funzioni, quali:
- integrità del sistema;
- integrità dei dati.
Per integrità di sistema si intende la protezione di ciascun componente dell’impianto VSS – interconnessioni comprese – e dell’intero sistema considerato come singola entità e si struttura in tre attività:
- rilevamento dei guasti dei componenti hardware e software e dei problemi sulle interconnessioni;
- protezione dalle manomissioni (c.d tampering);
- protezione contro gli accessi non autorizzati al sistema.
L’integrità dei dati si occupa di importanti aspetti del sistema, quali:
- identificazione dei dati, assicurando la sorgente, data ed ora dell’acquisizione, ecc;
- autenticazione dei dati, prevenendo modifiche, cancellazioni o inserimento dei medesimi;
- protezione dei dati, garantendo l’accesso ai medesimi solo agli utenti autorizzati.
A seconda del tipo di applicazione, gli standard di sicurezza di un sistema VSS possono essere diversi; è evidente, infatti, che un impianto di videosorveglianza di un istituto bancario non potrà avere le stesse caratteristiche di un impianto domestico.
Livelli di sicurezza
La Norma classifica i livelli di sicurezza in una scala di quattro valori:
- Livello 1= applicabile a situazioni a basso rischio. Il sistema non ha livelli di protezione e l’accesso è senza restrizioni.
- Livello 2= applicabile a situazioni a rischio medio. In questo caso i livelli di protezione sono bassi così come le restrizioni di accesso.
- Livello 3= applicabile a scenari di rischio alto. In questo caso i livelli di protezione sono alti così come le restrizioni di accesso.
- Livello 4= applicabile a situazioni a rischio altissimo. In questo caso i livelli di protezione e le restrizioni di accesso sono massimi.
La Norma spiega quanto sopra come indicato in figura 2, dove con il termine di “consequences (conseguenze)” intende sinistri come: danni, ferite, perdita di vita umana, perdita di proprietà, perdita di informazione, danni ambientali, ecc. Mentre, con il termine “probability (probabilità)” si intende quanto sia ragionevole che un evento dannoso si verifichi (è il concetto statistico di probabilità intesa come rapporto tra i casi sfavorevoli e i casi possibili o totali).
È evidente che, se un evento dannoso può capitare poche volte e le relative conseguenze non sono rilevanti, è sufficiente implementare un VSS con un livello di sicurezza minimo (Livello 1); all’estremo opposto, se il sinistro è molto probabile e le conseguenze sono particolarmente pesanti, il livello di sicurezza sarà massimo (Livello 4). Nel mezzo, si può scegliere tra un Livello 2 o 3, dipende dall’analisi del rischio e – particolare di non poco conto – dalle risorse economiche a disposizione!
Non solo normativa
I sistemi VSS, soprattutto se dotati di memorizzazione dei dati, invadono un campo delicato che è la “privacy” di ciascuna persona. L’origine del concetto di privacy è tutt’altro che recente e si colloca in una data precisa – ovvero il 10 dicembre 1948 – quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò e proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. L’Art. 12 cita: «Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni».
Il Garante della Privacy
Pertanto, un sistema VSS non inserito in un quadro normativo a garanzia della riservatezza delle persone, lede un diritto fondamentale sancito in termini universali (non è un’invenzione della legislazione italiana storicamente capace di mettere lacci ovunque, tanto per intendersi). Questo è il motivo per cui anche nel nostro Paese esiste un’autorità amministrativa indipendente istituita nel 1996 con legge statale e poi disciplinata da ulteriori provvedimenti legislativi e che prende il nome di Garante della Privacy; tale ente è ovviamente competente (e molto attivo) in ambito di vigilanza per i sistemi VSS.
Il Codice della Privacy
Il Codice della Privacy (D.Lgs. 196 / 2003) prescrive obblighi specifici per il committente, il titolare del trattamento delle immagini acquisite, e anche per l’installatore, che dovrà attestare la conformità dell’intervento alle disposizioni di cui al disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza (punto 25 dell’Allegato B al codice privacy. Analogamente, il Decreto Legislativo 81 del 2008 (c.d. Testo Unico sulla Sicurezza) individua specifici obblighi in caso di impianti da collocare in luoghi di lavoro, sia per i committenti, che devono adottare le misure necessarie per salvaguardare i lavoratori, ma anche per i progettisti, tenuti a rispettare i principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza.
Definire l’esatta procedura per l’autorizzazione all’esercizio degli impianti VSS insieme a tutto ciò che ne segue (es. trattamento dei dati, tempo di conservazione delle immagini registrate, acquisizione del consenso degli individui ripresi, ecc) esula dalle competenze di chi scrive; tuttavia, è importante chiarire il concetto basilare che segue. Il Garante della Privacy ha stabilito un equilibrio tra il diritto alla riservatezza della vita di ciascuno di noi e la necessità degli impianti di videosorveglianza per la tutela della salute e dell’integrità di persone e cose.
In particolare, gli impianti VSS sono ammissibili se, e solo se, rispettino i seguenti principi:
- Liceità= un impianto VSS è lecito se è funzionale al corretto svolgimento degli enti pubblici oppure, nel caso di privati, se sono rispettati gli obblighi di legge.
- Necessità= un impianto VSS è necessario se non è possibile conseguire la medesima finalità con altri sistemi se non con un impianto di videosorveglianza (quindi, non esiste alternativa ovvero le alternative sono inadeguate).
- Proporzionalità= è un concetto strettamente connesso al precedente in quanto le telecamere sono intese come ultima ratio per il controllo, ovvero non sono applicabili altre misure benché più costose.
- Finalità= un sistema di VSS non può eseguire altri fini se non la necessità per cui è stato installato.
Il DM 37/08
Da ultimo, ma non meno importante, si ricorda che i sistemi di videosorveglianza ricadono nell’ambito di applicazione del DM 37/08. Infatti, l’Art.1 comma 2 lettera b) del Decreto riporta come ambito di applicazione «impianti radiotelevisivi, antenne ed impianti elettronici in genere» e il successivo Art. 5 comma 2 dice che «il progetto per l’installazione, trasformazione ed ampliamento è redatto da professionista iscritto agli albi professionali secondo le specifiche competenze tecniche richieste nei seguenti casi: […] e) impianti di cui all’Art. 1 comma 2 lettera b relativi agli impianti elettronici in genere quando coesistono con impianti elettrici con obbligo di progettazione ».
In sostanza, un installatore non può installare – e dichiarare conforme – un impianto VSS in assenza di progetto elaborato da professionista abilitato se l’impianto elettrico a cui è connesso è, per sua natura, sotto obbligo di progetto da parte di medesimo professionista.