L’avvento dei reattori elettronici e delle lampade a Led ha reso obsoleti i tubi fluorescenti con cablaggio tradizionale. Tuttavia, ne esistono tantissimi ancora installati e funzionanti e, per fare una corretta manutenzione, occorre sapere come funzionino.
Per innescare la scarica nei vapori presenti all’interno di un tubo fluorescente, i due filamenti costituenti i catodi devono essere caldi. Per questo motivo serve lo starter, il quale funge da interruttore temporizzato: inizialmente è chiuso e fa scorrere corrente nella maglia esterna attraverso i catodi riscaldandoli (figura 1); dopo poco tempo apre il circuito facendo accendere la lampada.

Il reattore è un dispositivo dotato di reattanza induttiva ed è costituito da un avvolgimento di filo di rame smaltato su nucleo di lamierino magnetico. Esso ha una duplice funzione: all’accensione, quando lo starter apre bruscamente, crea la sovratensione che innesca la scarica e, successivamente, riduce fortemente la tensione fungendo da impedenza induttiva (reattanza).
Lo starter ha un funzionamento elettromeccanico: al suo interno (protette in un’ampolla di vetro) sono presenti due lamelle bimetalliche affiancate tra le quali inizialmente scocca una scintilla che le riscalda rapidamente, così che esse si pieghino fino a unirsi chiudendo il circuito. Con circuito chiuso si raffreddano, per cui si riaprono interrompendo nuovamente il circuito.
Accensione di due tubi fluorescenti in serie
Molti apparecchi illuminanti 2×18 W e 4×18 W con cablaggio classico sono realizzati con un unico reattore in serie a 2 tubi fluorescenti, come illustrato in figura 2. In questo caso, all’accensione su ogni tubo e su ogni starter si trova metà della tensione di alimentazione. Per i tubi non è un problema perché una volta innescata la scarica nel gas necessitano di poca tensione ai loro capi e quindi si usano tubi da 230 V; per gli starter invece vale il discorso opposto, i modelli per lampada singola non funzionano bene. La 230 V viene infatti interrotta dai due spinterometri in serie che quindi stentano a far scoccare la scintilla e le lampade non si accendono, o si accendono con notevole ritardo dopo diversi tentativi e relativi lampeggii.

Se si ha l’accortezza di utilizzare il modello di starter corretto, invece, tutto funzionerà a dovere: gli starter per lampade in serie hanno infatti la distanza tra i conduttori (spark gap o spinterometro che dir si voglia) tarata sui 115 V e quindi la corrente che riscalda i catodi riesce a fluire regolarmente.