
Il mercato della distribuzione di materiale elettrico sta ancora facendo i conti con gli scossoni derivanti dallo stop agli incentivi. Nell’attesa di raggiungere un nuovo equilibrio, FME ricorda alla filiera quanto sia importante non smettere di pensare positivo e agire affinché la voce del comparto venga ascoltata e supportata dalle istituzioni.
La Federazione Nazionale Grossisti Distributori Materiale Elettrico (FME) è una solida realtà composta da 83 imprese, un’associazione che oggi rappresenta più dell’85% della popolazione commerciale del settore, per 1.300 filiali distribuite su tutto il territorio nazionale, oltre 16.000 addetti e un fatturato complessivo, nel 2024, di circa 8 miliardi di euro.
Abbiamo intervistato Ezio Galli, presidente di FME, per fare il punto sullo stato del mercato della distribuzione, sulle strategie messe in atto dalla Federazione per cercare di far sentire la propria voce e sugli ultimi progetti realizzati.
Partiamo con la parte più difficile: la chiusura 2024. Cosa ci può raccontare rispetto a questa annata complessa?

«Il 2024 è stato, senza ombra di dubbio, un anno molto difficile. Nulla che non sapessimo prima: dopo ciò che era successo a partire dal 2021, e fino a tutta una parte del 2023, con i mercati drogati dagli incentivi, si era andata a creare una situazione irreale, che non poteva continuare. E la netta chiusura in negativo del 2024 (-8,25% dati SVE; -2,7% per il materiale elettrico), più pesante di quanto ci aspettassimo, è stato il prezzo che abbiamo dovuto pagare per il rigonfiamento esasperato del mercato negli anni precedenti.
In più, va aggiunto un secondo importante fattore, ossia lo scenario europeo incerto, con la Germania che, a partire dallo scorso anno, è praticamente ferma: uno stop che va a influire in modo diretto soprattutto sulla Lombardia (il 25% di tutto il mercato nazionale della distribuzione di materiale elettrico) e sulle aziende del nord che lavorano nel settore automotive».
Qual è la categoria di prodotti che risulta, oggi come oggi, in maggiore sofferenza?
«La chiusura più pesante, guardando i dati 2024, è stata quella del fotovoltaico, il settore nel quale la spinta degli incentivi si è sentita maggiormente, tanto da raggiungere un +243% nel 2023. Sono comunque certo che, tornando a operare all’interno di un mercato sano, il fotovoltaico (-49,60% chiusura a dicembre 2024) potrebbe trovare il suo nuovo equilibrio nel fatturato dei distributori, anche grazie all’Industry 5.0.
Un’altra categoria che fa fatica a prendere il giusto spazio nel mercato è quella dei prodotti evoluti: sono ancora troppo pochi gli installatori che – per volontà o per questioni di tempo – riescono a dedicare il giusto spazio per conoscere le innovazioni del mercato. Tutto ciò che è nuova tecnologia implica oggi un serio impegno in formazione, per riuscire a comprendere e, di conseguenza, proporre anche al cliente finale una determinata soluzione».
Quali dunque le possibili previsioni per il 2025?
«Il confronto tra gennaio 2025 e gennaio 2024 evidenzia un calo complessivo del -2,13%: vediamo quindi una leggera contrazione del mercato seppur con un netto miglioramento rispetto alla chiusura di dicembre. Fare previsioni, ora come ora, è difficile perché ci sono ancora troppi fattori critici in gioco e parecchie cose in sospeso che potrebbero sicuramente aiutarci a dare una svolta, ma quello che possiamo e dobbiamo fare è mantenere la consapevolezza della strada che abbiamo intrapreso, un percorso di ritorno alla normalità che ci chiederà ancora qualche sforzo e qualche sfida da affrontare ma che non può fermarci dal pensare positivo.
E, a tal proposito, a portarci una ventata di positività in un momento piuttosto critico, per aiutarci a guardare oltre anche nei momenti di difficoltà, è stato l’intervento del Dott. Carnevale Maffei che, nel corso dell’ultima convention FME dello scorso novembre, ha parlato di come l’elettricità oggi non sia più solo un asset tecnologico ma sia diventato un vero e proprio fattore istituzionale, normativo, economico e organizzativo: chi fa parte di questa grande filiera deve avere il coraggio e la lucidità di guardare al futuro con la consapevolezza che la strada è segnata e che l’elettricità sarà realmente l’ossatura dell’economia italiana ed europea del futuro.
Dal canto nostro, stiamo cercando di fare una sorta di lobby, in positivo, affiancati da uno studio legale di Roma, per entrare in contatto diretto con politici e presidenti di Commissione e cercare di mettere in evidenza alcune questioni che la politica non può più permettersi di ignorare».
Ci può fare un esempio di queste tematiche?
«Se pensa che l’ultima legge fatta sugli impianti elettrici è la 46/90, capisce che qualche domanda dobbiamo farcela, soprattutto se vogliamo davvero puntare sull’elettrificazione del Paese. Per raggiungere quel tipo di obiettivi non ci si può nascondere dietro un dito, bisogna che le infrastrutture, banalmente i cavi delle singole abitazioni, siano in grado di tener testa a questo cambiamento.
E sappiamo benissimo che l’Italia è composta da un patrimonio architettonico vetusto e che l’italiano medio non va certo ad informarsi da solo sulle condizioni “di salute” del proprio impianto elettrico.
Un impianto elettrico efficiente, capace di gestire i carichi e di intervenire in caso di problemi, è alla base di questo progetto più grande. Stiamo cercando, in questo modo, di accendere una spia affinché queste tematiche vengano affrontate».
Nel corso dell’ultima convention FME è stata presentata una ricerca dedicata a tracciare il profilo tipo del vostro cliente: l’elettricista. Ci racconta brevemente cosa è emerso dallo studio?
«Il primo Osservatorio sulla Figura dell’Elettricista in Italia presentato a novembre nasce da uno studio che abbiamo realizzato con la collaborazione di Nextplora per conoscere in modo più approfondito questa figura, non solo dal punto di vista professionale, ma anche umano, personale e valoriale.
Avevamo la necessità di tracciare un identikit di questa figura in un momento così particolare come quello che stiamo vivendo, in cui si mischiano forti tensioni a un passaggio generazionale che potrebbe cambiare il DNA stesso della professione, anche per le nuove competenze che vengono richieste oggi per svolgere al meglio questo lavoro. L’obiettivo finale era quello di far emergere degli spunti di riflessione atti a supportare questa figura.
La ricerca ha preso in esame un campione di circa 1100 elettricisti, che hanno risposto a un’intervista telefonica. Il 74% degli intervistati aveva un’età superiore ai 45 anni, il 65% lavorava in un’azienda di medie dimensioni (3-10 addetti). Per quanto riguarda il rapporto con il lavoro, è emerso che quello più richiesto alle aziende intervistate (52%) è la realizzazione e la messa in opera di quadri elettrici; le piccole aziende si concentrano soprattutto in lavori in ambito residenziale, ma, la cosa molto interessante, riguarda le medie aziende che sembrano aver trovato una via di differenziazione andando a rivolgersi verso attività più innovative, quali energie rinnovabili (pannelli solari e sistemi di accumulo) oppure andando a operare all’interno della nicchia delle reti domestiche intelligenti con domotica e AI.
Quasi il 60% degli intervistati proviene da una famiglia di elettricisti, anche se una grossa fetta di intervistati non è convinta che la propria famiglia porti avanti l’attività in futuro».
La fotografia è piuttosto chiara, così come il dualismo tra professionisti che puntano all’innovazione e chi, invece, preferisce rimanere in territori più “sicuri” e conosciuti.
«Diciamo dunque, semplificando molto, che c’è una sorta di 50/50: la parte propositiva è quella degli installatori che hanno deciso di investire in formazione per stare al passo con le tecnologie che cambiano e vogliono essere pronti alle sfide che il futuro della professione metterà loro davanti. Queste sono le aziende sulle quali puntare per il futuro della filiera.
È innegabile che, per il successo dell’intera filiera, sarà necessario superare i timori per i prodotti tecnologicamente evoluti e, anzi, si dovrà abbracciare con determinazione questa strada perché va di pari passo con l’innovazione che sta segnando il cambiamento verso l’elettrificazione del nostro Paese. La categoria degli elettricisti sta attraversando oggi un ricambio generazionale e il futuro è in mano a questi giovani».
Con il mese di gennaio, insieme ai dati SVE, è ufficialmente uscita la prima pubblicazione: statistiche più ricche, più dettagliate, con analisi basate su classi ETIM. Ora lo SVE, con le sue statistiche aggiornate mensilmente, su base nazionale, per fornitore e per classe ETIM, diventa un preziosissimo strumento che racchiude informazioni grazie alle quali poter analizzare l’andamento delle vendite, identificare le aree di maggior potenziale e, perché no, anticipare le tendenze future».