Electricity Market Report: cresce la potenza da rinnovabili e cala quella da termoelettrico

electricityL’Electricity Market sta cambiando fisionomia, anche per le misure comunitarie in risposta all’aumento dei prezzi e in favore dell’indipendenza energetica, ma continuiamo a essere lontani dagli obiettivi di decarbonizzazione e di efficientamento dei consumi.

Da meno di 5 GW nel 2008 a più di 33 GW nel 2021: è la potenza installata di impianti fotovoltaici e eolici nel nostro Paese (rispettivamente circa 22,5 GW e 11,3 GW), oltre la metà dei 60 GW totali da fonti rinnovabili. Praticamente la stessa capacità installata da termoelettrico, che invece nel 2012 era pari a 77 GW (anche se la riduzione è andata calando: -2,2 GW negli ultimi 5 anni), per il 77% da impianti alimentati a gas naturale e per il 17% da impianti a carbone, che andranno dismessi entro il 2025 (biomasse e impianti ad olio combustibile pesano il 3% ciascuno).

Il sistema elettrico italiano sta radicalmente cambiando la sua fisionomia, “complici” le imponenti misure definite a livello comunitario che vengono via via rafforzate per dare risposta all’aumento record dei prezzi dell’energia e alla necessità di ridurre la dipendenza energetica portata alla ribalta dalla guerra russo-ucraina. Tuttavia, siamo piuttosto lontani sia dagli obiettivi di decarbonizzazione fissati al 2030 e al 2050 sia dagli altri target “complementari”, come la diffusione delle fonti rinnovabili e l’efficientamento dei consumi: nel 2021 quasi il 17% delle emissioni di anidride carbonica legate alla produzione di energia elettrica, che pesano per oltre un quinto (22%) su quelle complessive, derivava dall’uso di combustibili solidi, principalmente il carbone.

È dunque un quadro con luci e ombre quello che emerge dall’Electricity Market Report 2022 redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, giunto alla sesta edizione e presentato questa mattina in un dibattito con le aziende del settore, che sempre contribuiscono alla definizione della ricerca.

E questo nonostante la quota di domanda elettrica – circa 310-320 TW/h all’anno nell’ultimo decennio – coperta dagli impianti termoelettrici tradizionali si sia ridotta dal 74% nel 2005 al 51% nel 2021, così come le relative emissioni di anidride carbonica, calate di quasi il 50% tra il 2005 e il 2021 (da 144,6 a 74,3 Mton; ma il 2021 ha registrato un’inversione di tendenza dovuta al maggiore utilizzo di gas naturale), mentre la quota di domanda soddisfatta tramite fonti rinnovabili è cresciuta dal 14% al 36%.

emissioni CO2
Emissioni di CO2 dal settore termoelettrico per la produzione di energia elettrica

Tre degli strumenti necessari a governare la transizione del sistema elettrico sono oggetto di specifiche analisi nel Report: i sistemi di storage, l’apertura del Mercato dei Servizi di Dispacciamento e le Comunità energetiche.

Dal punto di vista delle politiche energetiche, nell’ultimo anno si è assistito, sia a livello nazionale che comunitario, a un progressivo rialzo degli obiettivi a medio-lungo termine su decarbonizzazione, rinnovabili e efficienza energetica, e all’introduzione di nuovi meccanismi che dovranno consentire il raggiungimento della neutralità climatica al 2050.

In particolare, nell’ambito del pacchetto Fit-for-55, la Commissione europea ha pubblicato una serie di nuove proposte per ridurre le emissioni GHG di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai valori del 1990. Inoltre, in seguito allo scoppio della guerra russo-ucraina è stata presentata la bozza di un piano di investimenti da 210 miliardi di euro (cosiddetto “RepowerEU”) con cui l’Europa intende rinunciare entro 5 anni all’importazione di fonti fossili dalla Russia, tagliando due terzi dell’import entro la fine di quest’anno: nel piano sono presenti numerose proposte coerenti con gli obiettivi di decarbonizzazione, tra cui rafforzare le misure di efficienza energetica a lungo termine (dal 9% fissato dal pacchetto Fit for 55 al 13%) e rivedere al rialzo (dal 40% al 45%) gli obiettivi al 2030 della direttiva sulle energie rinnovabili.

Electricity Market: +815% il prezzo medio mensile del gas tra gennaio 21 e settembre 22

La crescita del prezzo dell’energia elettrica (PUN) è stata pressoché continua a partire dal secondo semestre del 2021: un primo picco di 281 €/MWh si è verificato a dicembre, superato a marzo 2022, con lo scoppio della guerra in Ucraina, da un valore mensile medio di 308 €/MWh. In estate il prezzo è salito ancora, arrivando a oltre 540 €/MWh in agosto (+383% rispetto ad agosto 2021). Confrontando la media oraria del PUN durante i primi otto mesi del 2022, si osserva un netto allontanamento dai valori registrati negli anni precedenti.

L’evoluzione del sistema elettrico negli ultimi anni ha avuto un impatto sull’approvvigionamento di servizi di dispacciamento da parte di Terna, soprattutto in termini di aumento dei volumi scambiati. Tuttavia, il trend di sostanziale crescita dei volumi verificatosi tra il 2012 e il 2020 ha registrato una battuta d’arresto nel 2021, quando i volumi scambiati si sono contratti (considerando le quantità “a salire” e “a scendere” sia nel MSD ex-ante che il Mercato del Bilanciamento) e, contestualmente, sono aumentati i prezzi medi. Osservando i dati medi mensili del MSD ex-ante e del MB “a salire” relativi al triennio 2020-2022 (fino a maggio) emerge un diverso andamento negli ultimi mesi del 2021 e nei primi del 2022: ad esempio, da gennaio i volumi scambiati sul MSD ex-ante si sono contratti in maniera significativa rispetto ai volumi del MB e l’aumento dei prezzi registrato sul MB e sul MSD ex-ante, già in corso dalla seconda metà del 2020, si è rafforzato ancora di più da fine 2021, superando il valore di 400 €/MWh.

Questi andamenti sono giustificati soprattutto dall’aumento del prezzo del gas, dato che gli impianti alimentati a gas naturale hanno rappresentano la tecnologia “marginale” predominante su MGP. Tra gennaio 2021 e settembre 2022 il prezzo medio mensile del gas ha registrato un aumento del 815%: dopo una crescita durante la seconda metà del 2021, ha raggiunto un primo picco nel mese di marzo 2022 e un successivo massimo storico di oltre 227 €/MWh ad agosto, causato della contrazione delle forniture di gas russo.

La situazione ha portato a contromisure a livello comunitario (tra cui l’Intervento di emergenza per contrastare gli alti prezzi dell’energia approvato il 30 settembre, che entrerà in vigore tra pochi giorni, il 1° dicembre) e nazionale, con una serie di interventi a tutela di famiglie e imprese. Tuttavia, un accordo a livello comunitario per calmierare i prezzi non è ancora stato raggiunto.

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Andamento media mensile PSV

I sistemi di accumulo a supporto della transizione

All’interno del rapporto viene analizzato il ruolo che i sistemi di accumulo di energia elettrica potranno svolgere nell’evoluzione del sistema elettrico, nei tre principali ambiti d’installazione – residenziale, commerciale e industriale, utility-scale (anche accoppiati a impianti di generazione) – e in funzionalità che vanno dall’energy-time shifting all’integrazione delle rinnovabili, all’abilitazione del customer energy management. Ognuna delle tecnologie di accumulo è più o meno adeguata a svolgere una data funzionalità, ma ad oggi esistono diverse alternative valide. In generale, le tecnologie di accumulo possono essere di tipo meccanico, elettromagnetico, elettrochimico e chimico: quelle maggiormente in uso attualmente sono di tipo elettrochimico (batterie a ioni di litio e a flusso di vanadio) e a pompaggio idroelettrico.

Per quanto riguarda il mercato, negli ultimi anni a livello europeo si è assistito a un fortissimo incremento delle installazioni di sistemi di accumulo elettrochimico, con più di 5 GW installati a fine 2022. Gli Stati che hanno registrato i numeri più alti sono Gran Bretagna e Germania, seguiti da Irlanda e Francia.

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potenza installata in SdA elettrochimici

In Italia, a fine 2021 risultavano oltre 75.000 sistemi di accumulo connessi alla rete, in crescita del 130% rispetto al 2020. Le connessioni a fine giugno 2022 corrispondono a 720 MW di potenza per 1.362 MWh di capacità (ovvero un Energy-to-Power ratio medio pari a 1,9 h). Nei primi sei mesi del 2022 sono stati installati circa 47.000 SdA (+33% rispetto all’intero 2021), con forte prevalenza della tecnologia a ioni di litio, quasi unicamente di taglia residenziale per effetto del Superbonus 110%.

Circa le installazioni di grande taglia, attraverso l’asta relativa al servizio di Fast Reserve, il 10 dicembre 2020, sono stati aggiudicati 250 MW di potenza di SdA che devono entrare in funzione entro la fine del 2022. Inoltre, l’asta del Capacity Market relativa al 2024 si è distinta per l’assegnazione di una larga fetta di CDP nuova in accumulo. In particolare, a livello nazionale è stato assegnato 1,1 GW di CDP in sistemi di accumulo elettrochimico, il 29,7% del totale.

Le attese per il futuro sono piuttosto importanti. Il Piano Nazionale Italiano per l’Energia e il Clima individua obiettivi al 2030 pari a 6 GW di accumulo centralizzato (utility-scale) fra elettrochimico ed idroelettrico (con rapporto tra capacità/potenza di 8h) e 4 GW di accumulo distribuito. Tuttavia, gli “scenari congiunti Terna-Snam” indicano che per essere in accordo con gli obiettivi del Fit-for-55 saranno necessari 94 GWh aggiuntivi di capacità di accumulo, in particolare 71 TWh relativi a installazioni utility-scale, 15 TWh a impianti distribuiti e 8 GWh già assegnati tramite il Capacity Market.

Quali sono le criticità? La risposta viene dagli stessi operatori del settore, consultati dall’Osservatorio: riguardo alla diffusione dei sistemi di accumulo, un primo problema è di tipo economico, legato all’andamento del costo della tecnologia. La situazione geopolitica e gli effetti post-pandemia non ancora assorbiti, infatti, stanno avendo un impatto sulla disponibilità di risorse e sulla logistica, causando l’aumento dei prezzi anche degli storage elettrochimici, mentre tradizionalmente i costi delle batterie tendevano a decrescere. Questo problema si lega all’incertezza sui potenziali ricavi generati da un sistema di accumulo in futuro, in un mercato in rapidissima evoluzione, rendendo rischiosa una valutazione di investimento. Entrambi i temi puntano sulla principale criticità connessa alla diffusione dei sistemi di accumulo, ossia la sostenibilità economica degli investimenti, la quale, con l’attuale quadro normativo-regolatorio, potrà verosimilmente essere raggiunta attraverso il cosiddetto “revenue stacking”, ossia combinando diverse linee di ricavo.

Il processo di apertura del Mercato dei Servizi di Dispacciamento

A più di tre anni dall’avvio della sperimentazione sul Progetto Pilota UVAM, emblema del processo di apertura del MSD, è stato effettuato un bilancio dei risultati finora raggiunti: dopo un iniziale rodaggio da parte degli operatori, si è ben presto registrata una forte partecipazione che ha caratterizzato le prime due fasi del progetto. Tuttavia, durante la terza fase, nei primi mesi del 2022, l’adesione è calata soprattutto a causa dell’aumento dei prezzi, testimoniato in prima battuta da una minore saturazione del contingente messo a disposizione nelle aste di approvvigionamento a termine, in particolare per il prodotto “serale 2”.

Nel dettaglio, durante la prima fase (2019) si era vista una crescente partecipazione degli operatori alle aste che ha portato alla saturazione del contingente dal mese di ottobre, la quale ha determinato una diminuzione del prezzo medio ponderato nei mesi finali dell’anno (soprattutto in riferimento all’Area A). Anche nella seconda fase (2020) si è confermato il forte interesse: il contingente disponibile per l’Area A è stato infatti saturato già con l’asta annuale e un elevato livello di saturazione del contingente si è verificato anche nelle aste mensili di inizio 2021; il prezzo medio ponderato, di conseguenza, ha subito un ribasso rispetto al 2019 sia per le aste annuali/infrannuali sia per quelle mensili.

Nella terza fase (da maggio 2021 a settembre 2022) le aste sono state differenziate per tre prodotti: pomeridiano, serale 1 e serale 2. Le aste per l’assegnazione del prodotto pomeridiano e del prodotto serale 1 hanno visto un elevato livello di saturazione del contingente sia per l’Area A che per L’Area B (anche in questo caso, ciò ha determinato una riduzione del prezzo ponderato medio rispetto alla base d’asta) mentre per il prodotto serale 2,  caratterizzato dalla presenza di un “cap” di prezzo delle offerte da parte dei BSP pari a 200 €/MWh, non è stata assegnata nessuna quantità durante l’asta annuale e la partecipazione alle aste mensili nel 2022 è risultata minima, soprattutto per effetto della contemporanea crescita dei prezzi dell’energia.

L’evolversi del meccanismo dal punto di vista delle regole che lo caratterizzano ha determinato un impatto sulle caratteristiche anagrafiche delle UVAM: al 1° settembre 2022 risultavano abilitate 211 UVAM, in netto calo rispetto alle 272 di luglio 2021 (-22%). Anche il numero di POD coinvolti è sceso a 414, circa un terzo rispetto a luglio 2021. Come nelle precedenti rilevazioni, il 70% delle UVAM è composto da un unico POD, e sono diminuite le UVAM che aggregano numerosi POD.

Anche in termini di attivazione delle UVAM emergono diversi punti da sottolineare, primo fra tutti il fatto che negli ultimi due anni le “chiamate” hanno visto un forte incremento, anche escludendo quelle effettuate a scopo di test. Analizzando il periodo compreso tra agosto 2021 e luglio 2022, ad esempio, si evidenziano 1.315 ordini di dispacciamento inviati da Terna non a scopo di test, per circa 7 GWh in totale. Di questi, 1.243 si riferiscono ad ordini di dispacciamento “a salire”, mentre sono stati solo 72 gli ordini “a scendere” non a scopo di test.

Tuttavia, risultano peggiorate le performance della UVAM in risposta alle attivazioni rispetto a quanto registrato nel 2021: in quelle “a salire” si registrano circa 2.670 MWh di inadempimenti (il 38% delle quantità accettate) e nel 33% dei casi l’ordine di dispacciamento è stato eseguito fornendo almeno il 90% della quantità accettata, mentre nel 16% ci si è fermati il 70% e il 90%. Nell’11% dei casi l’ordine non è stato eseguito neppure parzialmente. Le attivazioni “a scendere” mostrano risultati migliori: forti inadempimenti solo nel 7% dei casi, mentre le altre chiamate presentano un’elevata quota di adempimento. In particolare, considerando le 72 chiamate non a scopo di test, nel 36% dei casi è stato fornito il 100% della quantità richiesta, nel 57% si è arrivati tra il 90% e il 100%. Numeri che, seppur da leggere nell’ambito di un progetto pilota, meritano un’opportuna riflessione.

Le energy community analizzate da Electricity Market Report

Quello delle comunità energetiche in Italia è un tema molto sentito dagli operatori del settore ma che stenta a decollare, anche se si registra un certo fermento attorno agli strumenti di supporto per sviluppare e diffondere le configurazioni di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente e le comunità energetiche rinnovabili, a partire dai 2,2 miliardi di euro messi a disposizione a livello nazionale dal PNRR. Anche gran parte delle Regioni italiane (14) hanno già emanato dei provvedimenti e stabilito in che modo e con quale intensità intendano supportarne la diffusione: tra gli strumenti più comuni, agevolazioni per finanziarne la costituzione e la progettazione tecnico-economica, anche attraverso appositi servizi di consulenza per predisporre la documentazione e i relativi progetti.

Anche sulle comunità energetiche, L’Electricity Market Report, è stato raccolto il parere degli operatori, secondo i quali il primo ostacolo alla diffusione è certamente di carattere normativo: l’incertezza, infatti, ha portato ad attendere i provvedimenti definitivi prima di intraprendere iniziative concrete e allocare investimenti. Inoltre, è stata sottolineata la necessità di definire una procedura semplificata per la verifica dell’appartenenza dei membri alla medesima cabina primaria e di prevedere un ruolo di membri non controllanti per i player energy. Infine, gli operatori intervistati concordano sulle difficoltà operative per effettuare lo scorporo in bolletta.

Simone Franzò, Responsabile dell’Osservatorio
Simone Franzò , Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano

“L’evoluzione delle tecnologie abilitanti, migliorate in maniera significativa negli ultimi anni, ci consente di essere ottimisti riguardo alla effettiva possibilità di raggiungere gli obiettivi di policy ma allo stesso tempo non sarà facile per i diversi stakeholder disegnare un settore elettrico che al 2030 dovrà necessariamente essere molto diverso da oggi, anche provvedendo a ultimare un quadro normativo che risulta ancora incompleto sotto diversi aspetti. Una nota positiva però è rappresentata dallo spirito ‘collaborativo’ e ‘proattivo’ che si respira in questi mesi nonostante le difficoltà. Bisogna agire rapidamente, ma a mente fredda: le misure d’urgenza intraprese quando ormai non c’è altra scelta portano spesso a soluzioni non efficienti, mentre una corretta pianificazione per tempo (se l’espressione ‘per tempo’ ha ancora un senso a soli otto anni dal 2030) darà senz’altro risultati migliori”.

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