L’innovazione digitale ha stravolto il nostro modo di pensare, di relazionarci, di informarci, di comprare e pagare. Questa evoluzione ha visto nella Mobility un ariete incredibile: smartphone e tablet sono entrati prima nelle nostre tasche e poi nelle nostre vite, abituandoci, senza insegnarcelo, ad un nuovo modo di pensare.
Disporre nella nostra tasca di una connessione e quindi dell’accesso alla rete è stato come scoprire che si potevano illuminare case e strade con l’elettricità: un evento epocale, di quelli che cambiano le cose e tracciano una linea netta tra ciò che era prima – e non sarà più – e ciò che viene dopo – un nuovo stato dell’arte. Per questo si parla di “rivoluzione digitale” o di “digital disruption”.
Eppure, seppur consapevoli di questa rivoluzione nelle nostre abitudini e relazioni, quando guardiamo al mondo delle nostre imprese o della PA e alle modalità di gestione delle relazioni di business (il cosiddetto B2b) è frequente la percezione che ci siano dinamiche diverse, più lente. E’ davvero così?
Per capirlo, dobbiamo osservare due grandi “forze motrici” che accompagnano la digitalizzazione nel B2b, un contesto fatto di regole e processi: l’evoluzione normativa e quella tecnologica. Da questi due importanti fonti di innovazione derivano gli strumenti del B2b digitale: la Conservazione Digitale, la Fatturazione Elettronica, l’EDI (Electronic Data Interchange, lo scambio di dati in formato elettronico strutturato), i Portali B2b, i Workflow approvativi digitali, le bolle elettroniche ecc.
Sul fronte normativo, invece, in questo particolare momento storico si sta componendo un quadro chiaro di indicazioni provenienti dal legislatore, italiano ed europeo, finalizzate a stimolare e facilitare il ricorso al digitale per creare il Mercato Unico Digitale Europeo: regole condivise da applicare nelle relazioni commerciali in tutti i paesi dell’UE. Sul fronte tecnologico, le opportunità sono ormai molteplici e ben più intriganti e affidabili di quanto fosse disponibile sul mercato solo pochi anni fa. Dunque sta crescendo anche l’evoluzione digitale nel B2b? A tratti.
Secondo i dati dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione del Politecnico di Milano, nel 2013 erano ca. 5.000 le imprese che portavano in Conservazione Digitale le loro Fatture – rispettivamente il 39% delle grandi attive in Italia e poco più dell’1% delle PMI. Ebbene, con l’avvento della Fatturazione Elettronica verso la PA – stimolo normativo – quanti fanno Conservazione Digitale delle Fatture è cresciuto del 2.500% tra 2013 e 2014, arrivando a superare le 130.000 unità e proseguendo in forte crescita nel 2015. Inoltre, sempre secondo l’Osservatorio, nel 2014 erano ca. 10.000 le imprese connesse via EDI – rispettivamente un 38% delle grandi attive in Italia e poco più del 3% delle PMI. Oggi queste sono cresciute di 650.000 unità: imprese che hanno emesso ca. 25Mln di Fatture Elettroniche strutturate nel solo 2015 verso le PA italiane (dati AGID).
A vedere anche solo questi dati, l’effetto disruptive non manca neanche nel B2b italiano. Tuttavia, per ora, risulta un fenomeno ancora poco governato, come fosse una vela che si muove al vento degli obblighi normativi (i.e. “faccio la Fatturazione Elettronica, ma solo verso la PA”; “porto in Conservazione le Fatture ma solo quelle per la PA”). Purtroppo manca ancora una diffusa e necessaria visione d’insieme, che consente di unire i diversi tasselli a disposizione, gli strumenti, per affrontare una nuova stagione di engineering digitale di respiro strategico, su interi processi, spesso cross-funzionali. (Paolo A. Catti)
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