Dichiarazione di Conformità e di Rispondenza: facciamo il punto

Il Superbonus è entrato prepotentemente nel panorama edilizio e creerà – verosimilmente – molte pratiche in sanatoria, le quali porteranno prevedibilmente ad aumentare le richieste di relative certificazioni degli impianti elettrici. Quindi è bene ripassare i concetti di DI.CO e DI.RI per potersi orientare.

Il tema relativo alla Dichiarazione di Conformità (DI.CO) degli impianti elettrici è tornato prepotentemente in primo piano grazie all’impulso che il Superbonus 110% ha impresso al mercato delle costruzioni. Infatti, un documento essenziale per beneficiare degli incentivi statali è il certificato di conformità urbanistica volto a combattere – o meglio sanare – le irregolarità edilizie. Per conformità urbanistica si intende la corrispondenza tra lo stato di fatto di un edificio e i titoli abilitativi depositati nel Comune in cui il fabbricato è ubicato; in caso di difformità, l’accesso al Superbonus non è possibile se non a valle di una pratica di sanatoria.

Gli abusi edilizi si dividono in tre macro-categorie:

  1. abuso totale: si presenta quando la costruzione è eretta in assenza di qualsivoglia titolo abilitativo ovvero in modo completamente difforme al permesso ottenuto;
  2. abuso sostanziale: occorre quando il manufatto è diverso, per caratteristiche costruttive o destinazione d’uso, rispetto a quanto oggetto di permesso e se vi sono variazioni essenziali;
  3. abusi minori: ovvero interventi realizzati con modalità diverse da quelle previste e autorizzate ma che incidono su elementi particolari e non essenziali.

Se l’ISTAT certificasse che gli abusi totali abbiano un’incidenza di quasi il 20%, è ragionevole pensare che gli abusi sostanziali o minori siano in misura ben maggiore.

Dato che l’occasione del Superbonus è irripetibile, è lecito attendersi una “valanga” di richieste in sanatoria depositate presso gli uffici tecnici comunali. È altrettanto legittimo immaginare che gli stessi Uffici chiedano della documentazione a corredo della pratica, tra cui eventualmente le conformità impiantistiche correlate a quanto realizzato.

Ecco il motivo per cui è utile riprendere un argomento già trattato ma che merita un ripasso: repetita iuvant!

Gli strumenti

Per le certificazioni degli impianti, gli strumenti a disposizione sono due e, di fatto, perseguono lo stesso fine ma non sono tra loro intercambiabili:

  • Dichiarazione di Conformità (c.d. DI.CO);
  • Dichiarazione di Rispondenza (c.d. DI.RI);

La DI.CO è stata introdotta mediante la Legge N.46/90 “Norme per la sicurezza degli impianti” prevedendo che, al termine dei lavori, l’azienda installatrice debba rilasciare alla committenza un documento attestante il rispetto alla regola dell’arte di quanto realizzato. Successivamente il DM 37/08 – che ha sostituito la precedente Legge N.46/90 – ha previsto la possibilità di emettere un nuovo documento (la DI.RI) in sostituzione di una DI.CO che non è stata prodotta o che non sia più reperibile. Purtroppo, la revisione del Decreto è attesa (invano) ormai da anni, poiché l’attuale versione esclude esplicitamente la possibilità di emettere una DI.RI dopo il 27 marzo 2008, data di promulgazione dello stesso.

Riassumendo:

  1. per gli impianti realizzati prima del 12 marzo 1990: NON occorre la DI.RI, in quanto non vi era neppure l’obbligo della DI.CO, a meno che non venga richiesto un aumento di potenza contrattuale1;
  1. Per gli impianti realizzati tra il 13 marzo 1990 e il 26 marzo 1990: occorre la DI.RI per gli impianti sprovvisti di DI.CO;
  2. Per gli impianti realizzati dopo il 27 marzo 2008: NON è possibile emettere la DI.RI in quanto deve essere presente una DI.CO2.
Le differenze tra DI.CO e DI.RI
La differenza sostanziale tra DI.CO e DI.RI è la seguente:
• la DI.CO è rilasciata al termine dei lavori dall’impresa installatrice che ha eseguito le opere medesime e che certifica – svolti tutte verifiche iniziali previste, ad esempio, dalla CEI 64-8/6 – la conformità dell’impianto alla normativa attualmente vigente;
• la DI.RI è rilasciata da un soggetto terzo diverso da quello che ha eseguito i lavori e che attesta, svolti tutti i rilievi e le verifiche del caso, la conformità dell’impianto realizzato alla normativa vigente all’epoca presunta di realizzazione delle opere.

Ma chi è il “soggetto terzo”?

Il Decreto è chiaro in proposito: se l’impianto in oggetto non ricade sotto obbligo di progetto da parte di professionista abilitato ai sensi dell’Art.5 del DM 37/08, la DI.RI può essere rilasciata anche dal responsabile tecnico di un’azienda installatrice; se l’impianto ricade sotto obbligo di progetto da parte di professionista abilitato ai sensi dell’Art.5 del DM 37/08, la DI.RI può essere rilasciata solo da professionista abilitato iscritto ad albo professionale.

Attenzione: la DI.RI è uno strumento “in sanatoria”, non la scappatoia per i furbi! Se un’impresa installa un impianto e non rilascia la DI.CO (ad esempio, l’impresa e il committente litigano, il committente decide di non pagare l’impresa, ecc) non è ammesso il rilascio di una DI.RI da parte di un soggetto terzo, in quanto la DI.RI non è applicabile a impianti eseguiti dopo il 27/03/08, data da cui decorre l’obbligo delle DI.CO.

La differenza formale tra DI.CO e DI.RI. è:

  • La DI.CO è rilasciata su un modello standard previsto dal DM 37/08;
  • La DI.RI è rilasciata su un modello “libero” in quanto il Decreto non ha previsto un format; nella pratica ordinaria, tuttavia, si usa un prospetto molto simile a quello della DI.CO. 
Un esempio pratico

Vi espongo un caso che ho appena affrontato. Un installatore mi interpella esponendo il seguente problema: «Un mio cliente ha un’abitazione da 500 m2 di superficie per la quale non ha mai ottenuto agibilità. Il Comune ora chiede la Dichiarazione Conformità degli impianti elettrici, che il cliente non ha. Come si può fare? Posso emetterla io?»

La questione si affronta in questo modo:

  • FASE 1: Verifica dell’applicabilità della DIRI

Si deve valutare, o quantomeno presumere, se l’installazione dell’impianto elettrico sia antecedente o meno al 2008. Se sì – come nel caso in oggetto – la DI.RI è ammessa, altrimenti è preclusa.  

  • FASE 2. Verifica del soggetto che può emettere la DI.RI

È necessario consultare l’Art.5 del DM 37/08 per verificare se la fattispecie ricade sotto obbligo di progetto da parte di professionista abilitato. Su tale punto, il DM recita: […] “Il progetto per l’installazione, trasformazione e ampliamento, è redatto da un professionista iscritto agli albi professionali secondo le specifiche competenze tecniche richieste, nei seguenti casi: […] a) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera a)3, per tutte le utenze condominiali e per utenze domestiche di singole unità abitative aventi potenza impegnata superiore a 6 kW o per utenze domestiche di singole unità abitative di superficie superiore a 400 mq; […]”

Essendo l’abitazione in oggetto di superficie superiore a 400 m², la DI.RI può essere emessa solo da professionista abilitato e non dall’installatore

La risposta per l’installatore è dunque la seguente: «Il tuo cliente deve interpellare un professionista abilitato, il quale – a seguito di rilievi e verifiche – rilascerà la DI.RI dell’impianto elettrico. Tale dichiarazione dovrà essere trasmessa all’ufficio comunale che l’ha pretesa».

Non sfugga l’ultima richiesta dell’installatore contenuta nella frase «Posso emetterla io?» relativamente alla DI.CO mancante, probabilmente nell’ottica di far risparmiare il Committente. Questa strada, tuttavia, è addirittura più lunga e dispendiosa. Infatti, l’impresa non può rilasciare una DI.CO su un impianto installato da altri in quanto la dichiarazione costituirebbe un falso. Per aggirare la DI.RI, dunque, l’impresa dovrebbe rimuovere completamente l’impianto esistente e installarne uno nuovo, a fronte del quale emettere la DI.CO.

Anche nell’ipotesi in cui l’installatore “facesse finta” di aver eliminato l’impianto esistente e averne installato uno nuovo, la DI.CO del “nuovo” impianto dovrebbe comunque far riferimento al progetto emesso da un professionista abilitato, in quanto fattispecie ricadente all’interno dell’Art.5 del DM 37/08.

I casi borderline

Esistono tuttavia delle aree grigie a fronte delle quali il DM 37/08, nella sua forma attuale, genera più problemi che soluzioni.

  1. Impianto elettrico con DI.CO ma senza progetto

Si tratta dell’eventualità che per un impianto elettrico eseguito tra il 13/03/90 e il 26/03/08 – con obbligo di progetto da parte di professionista abilitato – vi sia la DI.CO ma non il progetto. Ragionevolmente se la normativa richiede il progetto da parte di un professionista significa che valuta che l’impresa esecutrice non sia in grado di eseguire correttamente i lavori senza una precisa guida documentale e pertanto vale la presunzione che i lavori eseguiti non siano a regola d’arte. In sostanza, la DI.CO non avrebbe valore e dunque sarebbe comunque necessaria una DI.RI.

  1. Impianto elettrico eseguito dopo il 2008 ma senza DI.CO

Senza scomodare dolo o malafede, è il caso in cui l’azienda installatrice cessi l’attività o chiuda in corso d’opera. L’impianto elettrico magari è stato già parzialmente completato o, addirittura, terminato ma non certificato. Che fare? Sono guai, in quanto la DI.RI non può essere emessa da nessuno (né professionista né impresa terza) né tantomeno la DI.CO dell’impianto installato in quanto è titolato solo l’effettivo installatore (che non c’è più).

Si potrebbe ovviare con una relazione (che però formalmente non può prendere il nome di DI.RI) redatta da un professionista iscritto all’albo nella quale venga dimostrato che l’impianto eseguito è a regola d’arte, ma non è detto che gli uffici tecnici comunali accettino tale soluzione. Altrimenti, va contattato un installatore che rimuova l’esistente e reinstalli un nuovo impianto e che, avendo dunque la paternità di tutta l’opera, rilasci la DI.CO a fine lavori.

Per concludere, se si vuole stare nel lecito con il vigente DM 37/08, non vanno intraprese altre vie.

La sensazione è che, con le pratiche di sanatoria richieste per il Superbonus 110%, il “bello” su questo argomento debba ancora venire!

 

***note***

  1. In questo caso la DI.RI è necessaria se la richiesta di aumento della potenza contrattuale si accompagna ad interventi sul medesimo impianto ovvero se, pur senza interventi, la potenza richiesta è maggiore o uguale a 6 kW.
  2. Infatti, la DI.RI è stata introdotta come “sanatoria” per gli impianti e interventi per i quali non è stata rilasciata la DI.CO fino all’entrata in vigore del D.M. 37/08. Se, per qualsiasi ragione, l’azienda installatrice non è in grado di rilasciare la DI.CO, allo stato attuale non vi è una soluzione normativa esplicita.
  3. Impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, nonché gli impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere.

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