Come rimediare alla mancanza del dispersore di fondazione?

Credo di non essere il solo progettista a essere interpellato per la progettazione dell’impianto elettrico di un importante fabbricato, a opere murarie, inerenti la struttura in cemento armato, già completate. Conosco bene l’importanza del dispersore di fondazione  che non è tanto quella di raggiungere un valore sufficientemente basso della resistenza di terra  quanto quella di limitare le tensioni di contatto. Si tratta, almeno a mio parere, di un collegamento equipotenziale fra i collettori principali di terra interconnessi dal PE e tutte le armature in ferro della struttura in calcestruzzo; evidentemente, se tali collegamenti sono realizzati, tutti i muri non possono che assumere il potenziale del terreno costituente il sedime di fabbricato (verosimilmente nullo o quasi). Se qualche ferro risultasse isolato dagli altri, non risulterebbe pericoloso perché la corrente di elettrocuzione non avrebbe modo di chiudersi attraverso il corpo umano. In parole più semplici e più convincenti il dispersore di fondazione costituisce la messa a terra  di una “gabbia di Faraday” all’interno della quale non esistono differenze di potenziale. Non vedo come sia possibile, in assenza del dispersore di fondazione, recuperare la suddetta importantissima funzione. Il dubbio non è solo mio  avendo posto questo stesso quesito in un importante convegno  senza ottenere risposte convincenti.

Francesco Borrelli, Milano      

Tutte le Sue considerazioni sono fisicamente fondate e testimoniano la Sua volontà di approfondimento delle dibattute problematiche riguardanti la messa a terra. Il difetto delle Sue conclusioni sta solo in una sopravvalutazione della funzione del dispersore di fondazione che ha lo scopo di equipotenzializzare il terreno sul quale sorge il fabbricato; favorisce anche la formazione della gabbia di Faraday, importantissima nella protezione contro i fulmini, ma superflua ai fini della messa a terra. A tale scopo basta realizzare un anello di equipotenzialità con una corda interrata di circa un metro lungo il perimetro esterno dell’ edificio a una distanza di circa un metro dalle fondamenta. Tale corda può avere sezione minima di 25 mm2 se in rame e 50 mm2 se in ferro al solo scopo della protezione contro la corrosione. Se tale protezione è assicurata la sezione può ridursi a 16 mm2 se in rame o in ferro zincato (vedere i dettagli al capitolo 54 CEI 64-8). Questo anello è efficace solo per modesti edifici con superfici  di sedime  di qualche centinaio di m2. Per edifici con pianta superiore occorre realizzare più maglie di equipotenzialità che diventano problematiche se la superficie del complesso è già finita con catramatura, mattonelle, cubetti di porfido, ecc. In ogni caso si deve evitare che gli scavi siano riempiti con pietre, ghiaia o scarti di cantiere che danneggiano la dispersione. Il riempitivo ideale  è la terra di cultura  in grado di trattenere l’umidità. Per ottenere l’equipotenzialità sono quasi del tutto inefficaci  le piastre interrate verticalmente, i tralicci o i picchetti, a meno che la loro profondità di interro non sia tale da raggiungere falde umide a bassissima resistività.

 

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