Una nuova classe di batterie al sodio fuso apre la strada a nuovi usi di una tecnologia di stoccaggio estremamente performante ed economica, di estremo interesse per l’accumulo di energia alla scala delle reti.
Le batterie ricaricabili al sodio-zolfo (anche dette al sodio fuso) sono realizzate con materiali economici e ampiamente disponibili, non tossici e riciclabili, e sono estremamente performanti: elevata capacità di accumulo (fino a 4 volte rispetto alle batterie a ioni di litio), alta energia specifica (indicativamente 250 Wh/kg), grande efficienza carica/scarica e lungo ciclo di vita; inoltre sono esenti da effetto memoria e da autoscarica.
Si tratta perciò una validissima alternativa rispetto alle tecnologie oggi più diffuse, se non fosse che funzionano a temperature comprese fra 270 e 350 °C, fatto che ne limita l’impiego a usi stazionari e in condizioni particolari. Una ricerca in corso presso i Sandia National Laboratories ad Albuquerque (USA) ha recentemente ottenuto un’importante riduzione della temperatura operativa, che apre la possibilità a interessanti applicazioni.
Chimica innovativa
Sviluppata dall’equipe diretta da Leo Small, la nuova batteria allo ioduro di sodio fuso funziona a 110 °C, il livello termico più basso finora mai raggiunto. La diminuzione della temperatura comporta non solo una maggiore sicurezza in un più ampio range di applicazioni, ma anche sensibili risparmi sui costi per la tipologia dei materiali utilizzati, la necessità di un isolamento termico contenuto e cablaggi più sottili per collegare le batterie.
Ovviamente anche le reazioni chimiche sono differenti. La principale innovazione consiste nell’uso di un catolita – una miscela liquida di due sali (ioduro di sodio e una piccola quantità di cloruro di gallio) – e nell’inserimento di uno speciale separatore ceramico, che consente solo agli ioni di sodio lo spostamento all’interno dei componenti della batteria.