DOMANDE DAI LETTORI

Elettro dubbio

Servo, e ho sempre servito, diversi amministratori di condominio della mia città, da qualche tempo più di uno, insinua il dubbio che io non possa più fare, per effetto del DPR 462/01, le verifiche degli impianti di terra. È vero?

Lettera firmata

Per rispondere al lettore in realtà dovrei saperne la qualifica, tuttavia penso di poter immaginare che non si tratta di un organismo, ma di un tecnico o di un installatore.

Innanzitutto occorre distinguere tra condomini con dipendenti, come ad esempio il portiere, e senza.

A scorrere il testo di legge, oggettivamente, non sembra vi possano essere dubbi: ai sensi dell’art.1 il decreto è valido nei luoghi di lavoro e sancisce obblighi solo il datore di lavoro: quindi ove mancasse il datore di lavoro, nei casi cioè in cui non vi sono i dipendenti, il decreto non è giuridicamente applicabile.

Leggi e giurisprudenza del resto separano comunemente l’applicabilità delle norme sulla sicurezza del lavoro a seconda della presenza o meno di lavoratori subordinati.

Quindi, in un condominio senza dipendenti, come non sono applicabili le leggi sulla sicurezza del lavoro così non è applicabile neppure il DPR 462/01.

Però leggendo qua e là sul web in tema viene spesso data molta evidenza ad una risposta del Ministero delle Attività Produttive che, con nota 10723 del 25 febbraio 2005, ha espresso un parere (che non è una “circolare ministeriale”, ma un semplice parere riferito a chi ha domandato) a seguito di un quesito sull’applicabilità o meno del DPR 462/2001 ad un condominio privo di dipendenti.

La risposta del Ministero era l’obbligo di applicazione deve “ritenersi sussistente ogni qual volta sia comunque individuabile un ambiente di lavoro e quindi anche quando non si sia in presenza – al momento – di rapporto di lavoro dipendente strictu sensu potendo tale rapporto essere instaurato anche successivamente per decisione assembleare.” Infatti, secondo il Ministero, “la ratio legis della richiamata normazione deve infatti essere individuata nella inalienabile esigenza di garantire l’incolumità di tutti coloro che vengono chiamati, a vario titolo, a prestare la propria attività lavorativa presso un luogo ove risulti situato un impianto elettrico.”

Accettato e premesso che:

  • l’incolumità di chi lavora è importante (ma anche quella di chi non lavora, magari perchè ha già lavorato o dovrà lavorare perché è ancora bimbo o semplicemente, fortuna sua, vive di rendita)
  • le leggi sono state inventate proprio perché le buone intenzioni statisticamente non sono sufficienti

a parer mio la generalizzazione della citata risposta porterebbe all’assurdo che il decreto 462/2001 sarebbe applicabile sempre, in tutti i luoghi, con o senza dipendenti, anche nella casa come in un qualunque singolo appartamento dal momento che per decisione assembleare (della famiglia riunita intorno al tavolo della cucina!) una qualsiasi abitazione può diventare luogo di lavoro nel momento in cui si decidesse di assumere un collaboratore domestico, una baby sitter e così via.

Se così avviene il neo datore di lavoro provvederà a soddisfare tutti i vincoli richiesti dalla legge, così come le verifiche ex DPR 462/01, prima che il neo dipendente prenda servizio, sembra veramente fuori luogo predisporre tutto tanto per essere pronti.

Il decreto si applica invece obbligatoriamente soltanto ai luoghi dove esiste un datore di lavoro, mentre negli altri luoghi il proprietario (o l’amministratore da questo delegato), provvede alle sacrosante verifiche con la tempistica stabilita dalle Norme Tecniche del CEI, ma può incaricare anche il proprio elettricista o progettista.

Dipendenti di aziende incaricate dal condominio per servizi vari rimangono lavoratori subordinati del proprio datore di lavoro che però non è l’amministratore condominiale.

 

È vero che devo adeguare alla nuova norma CEI 0-16 anche gli impianti esistenti?

Giuseppe Barba, Carpi (MO)

Sì ma non tutti. A fronte dell’incremento di generazione distribuita non programmabile (soprattutto fotovoltaico ed eolico) evidenziato in questi ultimi anni, l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG), attraverso la Delibera 84/2012/R/EEL entrata in vigore l’8 marzo 2012, ha disposto nuove prescrizioni tecniche per gli impianti di produzione connessi alle reti MT e BT nell’ottica di evitare situazioni di criticità sulla rete elettrica.

La delibera approva i nuovi allegati al Codice di rete Terna e in particolare l’allegato A70 che introduce le prescrizioni per gli impianti di produzione connessi alle reti di media e di bassa tensione.

Mentre in generale una nuova norma tecnica non richiede l’adeguamento di impianti in essere, in questo caso gli impianti di produzione con potenza superiore a 50 kW che risultavano già connessi alla rete MT ed in esercizio alla data del 31 marzo 2012 devono essere sottoposti ad adeguamento entro il termine ultimo del 31 marzo 2013. In caso di mancato adeguamento al 31 marzo 2013 da parte dei soggetti che ne avessero obbligo, il GSE sospenderà l’erogazione delle tariffe incentivanti fino all’avvenuto adeguamento degli impianti.

La revisione 2 dell’allegato A70 del Codice di rete Terna definisce:

al paragrafo 5, i campi di funzionamento entro i quali gli impianti di produzione devono rimanere in parallelo anche in condizione di emergenza e ripristino della rete.

al paragrafo 8, le nuove funzioni di protezione richieste al sistema di protezione di interfaccia (SPI).

La logica di questo sistema di protezione, con relè di frequenza a sblocco voltmetrico (detto 81V), dispone il riconoscimento delle variazioni di frequenza conseguenti all’apertura dell’interruttore in cabina primaria (CP) oppure all’apertura di un interruttore di manovra sezionatore (IMS) in presenza di un guasto nella linea di connessione e di separarsi dalla linea stessa in tempo breve, in modo da evitare un parallelo con la rete con sfasamenti angolari troppo ampi. Queste prescrizioni sono state introdotte nella nuova versione della Norma CEI 0-16.

 

Cosa significano le sigle VFI, VFD, VI, che si trovano su alcuni UPS?

Amerigo Alberti, Milano

Domanda concisa che richiede però una risposta solo un poco più estesa. La norma EN 62040-3 (in Italia CEI 22-24) distingue gli UPS secondo un criterio, piuttosto evocativo per il comportamento in tensione e frequenza. Sono state definite diverse tipologie di UPS contraddistinte dalla combinazione di più lettere e numeri, indice della capacità di condizionare o meno la forma d’onda della tensione:

  • VFI: dall’inglese Voltage and Frequency Independent, ovvero tensione e frequenza all’uscita dell’UPS indipendente rispetto a quelle in ingresso;
  • VFD: dall’inglese Voltage and Frequency Dependent, ovvero tensione e frequenza all’uscita dell’UPS legate a quelle in ingresso;
  • VI: dall’inglese Voltage Independent, ovvero tensione all’uscita dell’UPS indipendente da quella in ingresso, frequenza invece imposta dalla rete.

L’aggiunta di altre due lettere (funzionamento in modo normale o bypass la prima e da batteria la seconda) fornisce informazioni circa la forma d’onda in uscita, ovvero relativamente al contenuto armonico:

  • S: sinusoidale (THDu <8%);
  • X: sinusoidale con carico lineare; non sinusoidale con carico distorcente (THDu >8%);
  • Y: non sinusoidale.

Infine, una terna di numeri variabili da 1 a 4 definisce la prestazione dinamica della tensione d’uscita in funzione delle variazioni di carico, rispettivamente interruzione nulla, ≤1 ms, ≤10 ms e secondo parametri del costruttore:

  • primo numero: prestazione in condizioni di cambiamento del modo di funzionamento;
  • secondo numero: prestazione in condizioni di variazione del carico lineare, in modo di funzionamento normale/da batteria;
  • terzo numero: prestazione in condizioni di variazione del carico non lineare, in modo di funzionamento normale/da batteria.

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